Elogio del Muschio


Elogio del Muschio - libroVéronique Brindeau

Erano prima del tempo degli uomini, ben prima di quello degli alberi e dei fiori … Il giardino che porta alla casa del té, dove si reca chi vuole affrancarsi dal mondo, è tessuto di muschi.
Così inizia il magnifico libro della Brindeau. Un viaggio tra antichi giardini, arte e poesia del Giappone, alla scoperta del regno incantato dei muschi all’«incrocio dei sogni» dove i vivi e i morti si parlano per mezzo di immagini.
Di Veronique Brindeau in preparazione
Hanafuda, il gioco dei fiori.

Formato: 17 x 24 cm., Pagine: 108 illustrato, foto a colori., ISBN: 9788889466926 Prezzo: € 18,00

Scarica il capitolo introduttivo

Intervista al traduttore (Rai educational)

Recensioni

Formato: 17 x 24 cm., Pagine: 108 illustrato, foto a colori., ISBN: 9788889466926 Prezzo: € 18,00

Shintō Alle radici della Tradizione giapponese

shintoshinto

Paolo Balmas

Lo shintoismo si presenta ancora oggi come un fenomeno misterioso, difficile da penetrare e poco trattato anche in ambiente accademico. Shinto – Alle radici della tradizione giapponese, tenta di fare luce su un mondo complesso e affascinante che sembra impossibile da comprendere dall’esterno nella sua pienezza.

 

Contiene il saggio: Il salice di Kyoto di Lorenzo Casadei

Recensione

Formato: 13,5x21 cm, Pagine: 160 illustrate, ISBN: 9788889166812 Prezzo: € 16,00

Uchida Eizō 内田栄造

Uchida Eizō (1889-1971), in seguito conosciuto come Hyakken 百間 (Cento intermezzi) e Hyakkien 百鬼園 (Cento giardini demoniaci), nasce a Okayama, unico figlio di una famiglia di produttori di sake. Se il rapporto con il padre – uomo autoritario e dal carattere forte – non è semplice, l’affetto che più incide sull’infanzia di Hyakken è la nonna, di cui si trovano numerose tracce nelle produzioni giovanili e in alcuni scritti dell’età matura: tra questi, in particolare, spicca il racconto breve Shūkurīmu シュークリーム (Bignè alla crema, 1908) – incluso anche in una recente antologia di racconti moderni e contemporanei incentrati sugli “spuntini” (oyatsu)– in cui Hyakken ricorda la nonna che esce di casa nottetempo per acquistare il dolce tanto desiderato. Al liceo studia poesia sotto la guida del compositore di haiku Shida Sokin (1875-1946) ed è proprio questi a suggerirgli di inviare a Natsume Sōseki, che all’epoca iniziava a imporsi al pubblico, lo shaseibun 写生文 (“prosa bozzettistica”) Rōbyō (Vecchio gatto, 1908) pubblicato poco prima su una rivista per scrittori in erba. Come si riscontra anche in uno dei numerosi pseudonimi giovanili, Ryūseki 流石 (Meteora), Hyakken dimostra una forte ammirazione nei confronti di Sōseki e una delle sue massime aspirazioni è formarsi sotto l’egida di questi. Lo shaseibun evidentemente sortisce l’effetto sperato e così, parallelamente ai corsi di Letteratura Tedesca presso l’Università di Tokyo, dal 1911 Hyakken entra a far parte del Circolo del Giovedì (Mokuyōkai 木曜会), il ritrovo per intellettuali che Sōseki organizza nella sua residenza situata nel quartiere di Waseda, il Sōseki Sanbō. È qui che fa la conoscenza di vari personaggi essenziali nella sua carriera futura, come il celebre scrittore Akutagawa Ryūnosuke (1892-1927) e gli amici Terada Torahiko e Suzuki Miekichi (1882-1936), ma soprattutto inizia a dimostrare interesse per i gatti: come sottolinea Oka Masao, direttore del Museo “Uchida Hyakken” di Okayama, negli anni che precedono l’incontro con Sōseki Hyakken non ha mai dato prova di essere un amante dei felini, ma il rapporto osmotico con il maestro e il tempo trascorso con il gatto di questi hanno evidentemente mutato i gusti dello scrittore. Come Terada Torahiko e altri membri del Circolo del Giovedì, anche Hyakken inizia ad allevare un gatto in casa. Tuttavia, nel suo caso sarebbe più corretto affermare che l’animale si stabilisce arbitrariamente nell’abitazione dello scrittore: l’incontro con Nora ノラ, il primo dei due felini amati dallo scrittore, avviene per un caso ma mano a mano il loro rapporto si fa tanto profondo che alla morte dell’animale l’artista precipita in uno stato di depressione da cui solo la scrittura riesce a risollevarlo. Frutto di questo momento critico è il componimento Noraya ノラや (Nora!, 1957), che se da un lato rappresenta un’elegia dedicata all’animale scomparso dall’altro contiene un messaggio di affetto nei confronti del suo nuovo gatto, Kurtz クルツ, il cui nome è ispirato al pianista cecoslovacco Vilém Kurtz (1872-1945). In qualità di uno dei principali correttori di bozze di Sōseki, dopo la morte del maestro Hyakken contribuisce alla realizzazione dell’opera omnia curando in particolare l’uniformità del kanazukai, esperienza che in seguito lo porta a pubblicare Natsume Sōseki zenshū kōsei bunpō 夏目漱石全集校正文法 (1917) ovvero “Correggere le bozze dell’opera omnia di Natsume Sōseki”.  Diversi sono i lavori che Hyakken dedica a Sōseki negli anni a seguire, di volta in volta presentandone particolari della vita in chiave comica, come in Sōseki Imō 漱石遺毛 (I peli tagliati Sōseki, 1934), o attraverso la riscrittura, come per Gansaku wagahai wa neko de aru 贋作吾輩は猫である (Il falso “Io sono un gatto”, 1949), parodia del celebre Io sono un gatto in cui il felino torna miracolosamente in vita pronto a un nuovo confronto con il mondo. Il legame con la famiglia Natsume rimane forte nel corso di tutta la carriera, in particolare attraverso l’amicizia con il sesto figlio del maestro, Natsume Shinroku, da cui riceve in dono i dischi e il grammofono di Sōseki, oggetti alla base dell’ispirazione per uno dei suoi capolavori, Sarasāte no ban サラサーテの盤 (Il disco di Sarasate, 1948). Racconto visionario in cui i quattro protagonisti sono trasportati in una dimensione immaginaria ascoltando un disco del violinista spagnolo Pablo de Sarasate (1844-1908), il romanzo scelto dal regista Suzuki Seijun come ispirazione per il film Zigoineruwaizen (Zigeunerweisen, 1980) che apre la sua celebre trilogia. La critica considera quest’opera il picco massimo raggiunto dalla mano di Hyakken, ma come dimostra in Nora! e nella serie di racconti di viaggio Ahō ressha 阿房列車 (Il treno per il Palazzo Epang, 1950-1955), il suo estro non accenna mai a scemare, rivelando invece una propensione sempre maggiore a indagare i misteri di luoghi fantastici e sconosciuti popolati da esseri sovrannaturali.

(scheda di Diego Cucinelli)

Miyazawa Kenji 宮沢賢治

Kenji alla lavagna

Miyazawa Kenji (1896-1933) nasce nella prefettura Iwate, ad Hanamaki nel Tōhoku, una delle aree più fredde e selvaggie di tutto il paese. La società locale prevalentemente agricola e il variegato paesaggio, ricco di cromie che spaziano dal verde intenso delle stagioni calde al bianco brillante delle vallate innevate in inverno, hanno un forte impatto sulla personalità dell’artista che emerge nei suoi numerosi racconti per l’infanzia (dōwa 童話), i cui protagonisti appartengono sovente al mondo animale e vegetale. Gli anni della formazione rappresentano per l’autore l’occasione di espandere i propri orizzonti: il fermento culturale dei grandi centri urbani favorisce la passione e gli studi del giovane Miyazawa nel campo della letteratura straniera, delle scienze naturali e dell’entomologia. Nonostante l’acceso conflitto con il padre che lo vorrebbe a gestire l’attività di famiglia, un banco dei pegni, dopo il conseguimento della laurea in Agraria porta avanti le proprie ricerche sui fertilizzanti presso l’Università di Morioka. Negli stessi anni, legge la traduzione giapponese del Sutra del Loto, esperienza tanto profonda che lo porta a convertirsi al buddhismo di Nichiren. Si appassiona alla musica classica, in particolare all’opera italiana e ai grandi compositori europei. È questo il periodo in cui prende piena forma la sua personalità artistica, che si intravede fin dai primi tanka e nelle letture degli anni dell’adolescenza, che spaziano dai sutra buddhisti alla narrativa russa. Gli studi in campo scientifico si fondono con un immaginario personale coltivato nel tempo attraverso il contatto con forme di espressione artistica appartenenti a contesti culturali diversi e una solida spiritualità radicata nell’animo, quella vocazione che negli anni a seguire lo conduce fino a Tokyo per diffondere gli insegnamenti del Sutra del Loto: tutto ciò emerge dai suoi dōwa, ai quali si dedica in maniera febbrile dal 1921 in parallelo all’attività di monaco itinerante.

Ben poche sono le opere che vedono le stampe mentre è in vita: la raccolta di poesie Haru to shura 春と修羅 (La primavera e gli asura, 1924), l’antologia di fiabe Chūmon no ōi ryōriten 注文の多い料理店 (Un ristorante pieno di richieste, 1924) e qualche altro scritto apparso su delle riviste letterarie. A dispetto di ciò, grazie all’attività di Miyazawa Seiroku (宮沢静六, 1904-2001), il fratello minore, l’opera omnia viene per la prima volta pubblicata tra il 1934 e il 1935 e, continuando a incontrare sempre più il favore dei lettori, si giunge alla storica edizione critica in quattordici volumi edita nella metà degli anni Settanta. A pochi anni dalla morte, avvenuta nel 1933 per tubercolosi, la popolarità di Miyazawa è già grande e soprattutto legata ai dōwa e ai racconti di media lunghezza, quali il celebre Kaze no Matasaburō 風の又三郎 (Matasaburō, il fanciullo del vento, 1934),  la  storia di un adolescente di origine meravigliosa che vive nel Tōhoku. A partire dagli anni Settanta, poi, si assiste a un vero e proprio boom di Miyazawa che si riflette nei lavori di artisti operanti anche in campi diversi da quello della letteratura, come nel caso di Gingatetsudō 999 銀河鉄道999 (Galaxy Express 999), il successo internazionale del disegnatore Matsumoto Reiji (n. 1938) che riprende l’immagine del treno itinerante nello spazio di Gingatetsudō no yoru 銀河鉄道の夜 (Una notte sul treno della Via Lattea, 1934). Nonostante la loro classificazione come “letteratura per l’infanzia” (jidō bungaku 児童文学), le fiabe di Miyazawa sono molto lette anche dagli adulti e oggi sono oggetto di ampio dibattito critico a livello internazionale. Come osserva la critica Muramatsu, è proprio la preponderanza di dōwa nella produzione ad aver portato Miyazawa a ricevere scarsa attenzione da parte degli studiosi della storia letteraria “ufficiale” del suo tempo, concentrati prevalentemente sugli scrittori di romanzi in stile occidentale. L’occhio attento al mondo della natura e l’animo sensibile di questo autore fanno facilmente breccia nel lettore, coinvolgendolo in un insieme di scene brevi e incisive che nascondono una molteplicità di piani di lettura al loro interno.

Natsume SōsekiI 夏目漱石

Soseki

Natsume Sōseki (1867-1916), pseudonimo di Natsume Kin’nosuke, (夏目金之助), nasce a Tokyo, ultimo figlio di una famiglia già numerosa, forse troppo per poter sostenere l’educazione del nuovo arrivato. Così viene affidato ai coniugi Shiobara, con i quali cresce fino all’età di nove anni, momento in cui la coppia divorzia: rientrato nella casa dei genitori, è accolto calorosamente dalla madre, ma si vede rifiutato dal padre. Ben presto si manifesta la sua passione per la letteratura, con particolare attenzione alla poesia, lo haiku e ai classici cinesi, interesse che sviluppa negli anni a seguire anche attraverso la profonda amicizia con il poeta Masaoka Shiki: giunto all’università abbraccia lo studio della lingua e della letteratura inglese, specializzandosi in questo campo di studi presso l’Università Imperiale di Tokyo.

Nel 1895 si sposa con Nakanee dopo un primo periodo di alcuni anni in cui insegna inglese prima nello Shikoku e successivamente nel Kyūshū, esperienze di cui si trovano tracce nel celebre romanzo Bocchan 坊ちゃん (Il signorino, 1906). Nel 1900 il Ministero dell’Istruzione lo invia in Inghilterra per approfondire lo studio della lingua: il soggiorno in terra straniera si rivela però più difficoltoso del previsto, tanto da mettere a repentaglio la salute fisica e mentale dell’intellettuale. Al suo ritorno in Giappone, nel 1903, Sōseki torna a dedicarsi all’insegnamento prendendo il posto di Lafcadio Hearn (1850-1904) presso la cattedra di letteratura inglese dell’Università Imperiale di Tokyo e in seguito presso l’Università Meiji. Continuano a essere anni difficili per l’autore, il rapporto con la moglie si rivela burrascoso e il suo equilibrio psicologico è soggetto a continue oscillazioni: è la scrittura a sostenerlo durante questo periodo e il frutto di tale lavoro si condensa nella sua opera prima, Wagahai ha neko de aru 吾輩は猫である (Io sono un gatto, 1905), destinata a diventare uno dei capisaldi del neko bungaku di tutti i tempi. Il gatto descritto nel romanzo, critico giudice dei comportamenti umani, va interpretato come una maschera dell’autore, un mezzo usato da Sōseki per esprimere, in chiave satirica, il proprio punto di vista sulla società giapponese e i suoi repentini mutamenti. In tal senso, a partire dalla questione sull’individualismo, Io sono un gatto anticipa molte delle tematiche che l’autore approfondisce nelle opere della maturità, quali Mon 門 (Il portale, 1910) e Kokoro こゝろ (Il cuore delle cose, 1914).

Sebbene la sua produzione comprenda trattati critici sulla letteratura fin dai primi anni, come nel caso di Bungakuron 文学論 (Trattato sulla letteratura, 1907), è dopo il completamento della seconda trilogia che lo scrittore si concentra maggiormente su riflessioni filosofiche e sull’analisi del proprio vissuto. A partire dal celebre saggio Watashi no kojinshugi 私の個人主義 (Il mio individualismo, 1914), in cui espone la propria visione circa l’individualismo, il rifiuto dell’omologazione e il senso di solitudine che comunque comporta l’allontanamento dal gruppo, i testi composti in questi anni riflettono il disagio psicologico vissuto da Sōseki e il suo istinto a guardarsi indietro come se presagisse l’incombente fine dei suoi giorni. È così che nasce il suo unico testo dalla chiara connotazione autobiografica, Michikusa 道草 (Erbe sulla via, 1915), un romanzo comunque lontano dalle esplicite confessioni proposte dal naturalismo, piuttosto un tentativo di un esame distaccato, privo di pregiudizi e illusioni. L’opera che precede il suo ultimo lavoro rimasto incompiuto, Meian 明暗 (Luce e ombra), è la raccolta di ricordi e riflessioni personali intitolata Garasuto no uchi 硝子戸の中 (Entro la porta a vetri, 1915) pubblicata l’anno prima della sua morte: in queste pagine si trova il riflesso di quella che sovente viene indicata come la filosofia degli ultimi anni riassunta nel principio sokuten kyoshi 則天去私, “seguire il cielo e abbandonare se stessi”, l’esigenza di trascendere le proprie passioni egoistiche per affidarsi a qualcosa di superiore.

(scheda di Diego Cucinelli)

Umezaki Haruo 梅崎春生

Umezaki Haruo (1915-1965) nasce nel sud del Giappone, nella città di Fukuoka, nel Kyūshū: particolarmente legato alla sua terra, la abbandona malvolentieri per stunella capitale, come era in uso tra i ragazzi dell’epoca. Si specializza in Letteratura presso l’Università Imperiale di Tokyo e subito dimostra talento, facendosi notare per alcuni racconti pubblicati su importanti riviste letterarie tra cui Waseda Bungaku (Letteratura di Waseda). Negli anni della guerra è arruolato nell’esercito e inviato a Kagoshima in qualità di addetto ai cifrari e alla decodificazione delle intercettazioni. È un periodo che segna fortemente Haruo, determinando le future scelte in campo letterario: le sue produzioni più celebri infatti appartengono al genere della letteratura di guerra (sensō bungaku 戦争文学), con opere spesso ambientate nelle stesse terre in cui lui prestava servizio nell’Esercito. Sakurajima 桜島 (1946), a cui tutt’oggi deve gran parte della fama raggiunta, si ambienta sull’omonima isola al largo della costa meridionale del Kyushu e consiste nel reportage delle ultime battute della guerra da parte di un addetto alle comunicazioni dell’esercito giapponese. Ricco di approfondimenti sul mondo psicologico del protagonista, mette in luce il suo sentimento di desolazione e disperazione: il suo mondo interiore si riflette nell’ambiente circostante, del quale l’occhio dell’uomo sottolinea particolari legati alle idee di “devastazione” e “sconfitta”. Il suo rapporto con i gatti, invece, mette in evidenza i lati più allegri della personalità di Haruo, sia negli scritti ispirati alla vita privata sia in quelli appartenenti agli altri generi sperimentati dall’autore – quali, a esempio la fiaba, come nel racconto racchiuso nel presente volume – nei quali abbondano figure feline descritte dall’autore con cura dei dettagli e stile vivace. In particolare, il romanzo Karo sandai カロ三代 (Le tre generazioni di Karo, 1952), illustra in senso diacronico l’attaccamento dell’autore agli animali attraverso le tre “reincarnazioni” di Karo カロ, i tre gatti da lui posseduti: dopo la morte del primo, il ricordo del quale non lo abbandona mai, decide di assegnare lo stesso nome ai due di cui si prende cura negli anni a seguire. Indipendentemente da ogni legame di sangue, i tre felini si trovano legati da un rapporto onomastico, eppure questa non è l’unica peculiarità rivelata in Karo sandai: il protagonista umano del romanzo, infatti, ha l’abitudine di picchiare “Karo III” con degli scaccia-zanzare di bambù posizionati appositamente in più punti dell’abitazione. Il particolare non sfugge agli amanti dei gatti e, stando a quanto affermato da Etsu, la moglie di Haruo, subito dopo la pubblicazione dell’opera lo scrittore viene investito da una pioggia di lettere di protesta dei lettori. Nell’intervista rilasciata, Etsu non manca poi di sottolineare come il protagonista del romanzo non abbia nulla a che fare con la figura dello scrittore che, dal canto suo, non ha levato la mano su nessuno dei suoi adorati gatti. Haruo, infatti, a proposito di questo episodio non manca di sottolineare con sprezzante ironia che «se in un romanzo si racconta un omicidio nessuno ha nulla da dire, ma se invece a essere ucciso è un gatto allora si alza un polverone incredibile: roba da matti!».

(Scheda di Diego Cucinelli)

La storia del Tengu

tenguTitolo originale: Horafuki tengu (Il tengu fanfarone)

testi di Takashi Yoichi

illustrazioni di Saito Hiroyuki

Ancora un volta Takashi reinventa la tradizione: Qui un Tengu, essere famoso per le sue fantastiche imprese marziali racconta una sua storia. Ma sarà tutto vero?

Con il saggi Il Tengu, demone divino della montagna di Toshio Myake

Recensioni

Formato: 15,5 x 24 cm., Pagine: 80 ill. a colori, ISBN: 88-89466-12-x Prezzo: € 18,00

Storia di un Kappa

kappaTitolo originale: Gwappa 

testi di Takashi Yoichi

illustrazioni di Saito Hiroyuki

traduzione di Marcella Mariotti

Anche con Gwappa – Storia di un Kappa (1971) Takashi Yoichi re-inventa la tradizione, intrecciando la classica rappresentazione dei folletti giapponesi dei fiumi, i kappa (in dialetto del Kyushu gawappa) appunto, con le proprie originalissime idee, per esempio spogliandoli dalla loro veste tetra e avvicinandoli a spiriti dello spazio infinito che vagano fra cielo e terra.
É una storia dalle tinte delicate ma luminose, come pallido vermiglio del bocciolo dal quale, dopo mille anni di riposo, apparirà il prima gawappa e il violetto nebbioso di quello in cui, dopo cento anni di viaggi per i mari della terra e cento anni di peripezie tra i monti, tornerà per rinchiudersi.
Tinte testuali riprese dalle meravigliose illustrazioni di Saito Hiroyuki.

Contiene il saggio di Toshio Miyake,
Kappa, caleidoscopio dell’immaginario nipponico

Recensioni

Degli stessi autori:

La pelle del Demone blu
La storia del Tengu
I Misteriosi fuochi di Kumamoto

Formato: 15,5 x 24 cm, Pagine: 80 ill. a colori, ISBN: 8889466111 Prezzo: € 18,00

La pelle del Demone blu

La Pelle del Demone Blutesti di Takashi Yoichi

illustrazioni di Saito Hiroyuki

Traduzione dal giapponese e cura di Marcella Mariotti.

Le disavventure di un ragazzo di nome Yosuke che ruba la pelle di un diavolo, la indossa e ne resta intrappolato. Con stupendi acquerelli e illustrazioni a china e una scheda per grandi e piccini sui demoni giapponesi.

Degli stessi autori:
La storia del Tengu
Storia di un Kappa
I Misteriosi fuochi di Kumamoto

Formato: 15,5 x 24 cm., Pagine: 48 ill. a colori, ISBN: 8889466065 Prezzo: € 15,00

The Pink Gaze

The Pink GazeLo sguardo rosa del Giappone contemporaneo
Levy Valentina Gioia

testo inglese a fronte

Atsuko Tanaka, Yoko Ono, Kazuko MIyamoto, Chiharu Shiota, quattro artiste per ricordare quattro momenti fondamentali della storia del Giappone contemporaneo, tracciando un percorso che partendo dagli anni del dopoguerra per arrivare fino ad oggi, si snoda ben oltre i confini nazionali intrecciandosi a eventi, movimenti e tendenze di respiro internazionale.
La fine del grande conflitto mondiale, gli anni ’60, quelli del boom economico e l’ingresso nel nuovo millennio, fanno da sfondo alla produzione artistica di quattro donne estremamente diverse tra loro per background, ambito di ricerca, forme espressive e medium utilizzati, che pure sembrano condividere la stessa capacità di integrare e sublimare, all’interno del proprio lavoro, una realtà che ha insieme le caratteristiche di un vissuto personale e generazionale.

VALENTINA GIOIA LEVY curatrice e storico dell’arte asiatica, collabora fin dal 2009 con diverse istituzioni pubbliche e private in Italia e in Francia. Attualmente è curatore a progetto, specializzato in arte contemporanea ed esperto del settore estremo oriente presso il Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma.

 

Formato: 17 x 24 cm, Pagine: 80, nn. ill. a colori e b/n, ISBN: 978888946684 Prezzo: € 12,00