Le tradizioni musicali dell’India del nord
Alain Daniélou
«La musica dell’India incanta non solo gli uomini ma anche gli animali. Le cerve sono ipnotizzate dai cacciatori con l’ausilio della musica».
Con queste parole Amir Khusru, celebre poeta e musicista turco del XIV secolo, esprime tutta la sua ammirazione per l’evoluta e raffinata musica indiana, che riuscì ad affascinare, oltre agli animali, anche i guerrieri islamici che avevano conquistato il Nord dell’India.
La stesso sentimento di bellezza trascinante e ammaliatrice possiamo provare noi, oggi, quando incontriamo la musica tradizionale indiana, pur così diversa dai nostri modi e dai nostri canoni e così, apparentemente, lontana dal nostro gusto estetico. Come e perché questo succeda ci viene spiegato in questo libro da Alain Daniélou. L’autore mette al servizio di un’esposizione brillante e precisa ad un tempo le sue straordinarie competenze e la profonda conoscenza che aveva della materia.
L’agile testo, che si legge con vero piacere, è così anche una descrizione completa della musica dell’India del Nord della quale sono illustrati i molteplici aspetti, la storia e la leggenda, la teoria, le forme musicali (i diversi raga), i ritmi, le tecniche vocali e strumentali e, infine, i musicisti e i loro strumenti. Il tamburo di Shiva è il primo trattato sulla musica tradizionale indiana, sintetico ma completo, che viene pubblicato in Italia; al rigore espositivo si associa la particolare attenzione che Daniélou consacra alla sensibilità e al gusto del lettore occidentale, la cui “educazione” musicale sembrerebbe essere piuttosto un ostacolo che non un aiuto alla comprensione di una forma d’arte così distante dalla sua cultura.
Tuttavia, come Amir Khusru, anche il “fruitore moderno” può assaporare il fascino della musica indiana e può inebriarsi con la sua bellezza: a questo scopo Daniélou dedica un prezioso capitolo che mira proprio all’educazione del gusto e che insegna “come ascoltare la musica indiana”.
Formato: 13,5 x 21 cm., Pagine: 160 illustrato, ISBN: 88-89466-13-8 Prezzo: € 18,00
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“Strafatti di fuoco, ardore gratuito, grande fiammante falò, olocausto, auto-immolazione che non lascia tracce di sé forgiandosi con, attraverso e nelle viscere del fuoco. Lo zazen che facciamo non resterà. Non resterà quello che facciamo. Atroce rogo, (involontaria) convinzione che proprio quel corpo in fiamme pervaderà, con quello scintillante sacrificio, l’intero vasto spazio vuoto. Nello stesso tempo zazen è eterno. Ma qual è quello zazen che è per sempre? Quello al quale premettiamo la morte, cioè il nascere-morire come la prima grande questione, il primo grande avvenimento. ‘ichi dai ji’. Quello che resterà non è il nostro sforzo di fare meglio, di progredire. Quello che rimarrà di noi è il superfluo, l’inutile. Quel che resterà sarà celebrazione, il fatto di impegnarsi totalmente in cose assolutamente superflue. Il nostro superfluo comunica superfluo dell’eternità. Quando scriviamo morte, quel che si pone all’altezza della morte è vestire bene, un buon abito, pettinarsi o rasarsi, come i trecento delle Termopili fecero prima di affrontare il grande esercito di Serse.” (Taiten Guareschi)