La scoperta dei templi

Scoperta dei templi

Alain Daniélou

Arte ed eros dell’India tradizionale

In quest’opera sono raccolti tre scritti inediti in italiano sull’arte sacra dell’India: il primo colloca l’arte tradizionale nel più ampio contesto della cultura indiana, il secondo si occupa dei templi indù e il terzo introduce al simbolismo delle sculture erotiche.

Con le magnifiche foto di Raimond Bournier

dello stesso autore:

La Via del Labirinto, Ricordi d’Oriente e d’Occidente
Il Tamburo di Shiva
Il giro del mondo nel 1936
La fantasia degli dei e l’avventura umana
La saggezza assassinata, in Il Regno di Giano
Principe Ilango AdigalLa cavigliera d’oro
Aravana AdigalManimekhalai

Statue

Formato: 13,5 x 21 cm., Pagine: 48 illustrato, ISBN: 88-89466-23-0 Prezzo: € 6,00

Recensione Il tamburo di Shiva

Dal mensile Modus Vivendi di gennaio 2008 4/05/2006

“La musica indiana, tra storia e leggenda di LB”

Secondo i Purana, antichi libri indù di mitologia e storia, fu il dio Shiva ad insegnare la musica e la danza agli esseri umani più di seimila anni prima della nostra era. Così Alain Daniélou, orientalista e musicologo di prima grandezza venuto a mancare nel 1994, introduceva i lettori occidentali alla lettura de Il tamburo di Shiva, il primo trattato sulla musica tradizionale indiana recentemente pubblicato dalla Casadei libri in occasione del centesimo anniversario della nascita dell’autore.
Tra storia e leggenda, teoria e tecniche musicali, Daniélou ci porta alla scoperta della cultura di un paese in cui il notevole spirito di tolleranza e adattamento ha permesso di spingere lo sviluppo delle arti fino ad una raffinatezza estrema, la cui perfezione rende difficile ogni ulteriore evoluzione.
L’autore ci racconta in modo semplice, sintetico e completo i ritmi, gli strumenti, i musicisti di un paese che, sulla musica, basa gran parte della propria tradizione.

Il volume è citato anche qui

Il tamburo di Shiva

Tamburo di ShivaLe tradizioni musicali dell’India del nord
Alain Daniélou

«La musica dell’India incanta non solo gli uomini ma anche gli animali. Le cerve sono ipnotizzate dai cacciatori con l’ausilio della musica».
Con queste parole Amir Khusru, celebre poeta e musicista turco del XIV secolo, esprime tutta la sua ammirazione per l’evoluta e raffinata musica indiana, che riuscì ad affascinare, oltre agli animali, anche i guerrieri islamici che avevano conquistato il Nord dell’India.

La stesso sentimento di bellezza trascinante e ammaliatrice possiamo provare noi, oggi, quando incontriamo la musica tradizionale indiana, pur così diversa dai nostri modi e dai nostri canoni e così, apparentemente, lontana dal nostro gusto estetico. Come e perché questo succeda ci viene spiegato in questo libro da Alain Daniélou. L’autore mette al servizio di un’esposizione brillante e precisa ad un tempo le sue straordinarie competenze e la profonda conoscenza che aveva della materia.
L’agile testo, che si legge con vero piacere, è così anche una descrizione completa della musica dell’India del Nord della quale sono illustrati i molteplici aspetti, la storia e la leggenda, la teoria, le forme musicali (i diversi raga), i ritmi, le tecniche vocali e strumentali e, infine, i musicisti e i loro strumenti. Il tamburo di Shiva è il primo trattato sulla musica tradizionale indiana, sintetico ma completo, che viene pubblicato in Italia; al rigore espositivo si associa la particolare attenzione che Daniélou consacra alla sensibilità e al gusto del lettore occidentale, la cui “educazione” musicale sembrerebbe essere piuttosto un ostacolo che non un aiuto alla comprensione di una forma d’arte così distante dalla sua cultura.
Tuttavia, come Amir Khusru, anche il “fruitore moderno” può assaporare il fascino della musica indiana e può inebriarsi con la sua bellezza: a questo scopo Daniélou dedica un prezioso capitolo che mira proprio all’educazione del gusto e che insegna “come ascoltare la musica indiana”.

Recensione

Formato: 13,5 x 21 cm., Pagine: 160 illustrato, ISBN: 88-89466-13-8 Prezzo: € 18,00

La Cavigliera d’Oro

cavigliera d'oroIl capolavoro della lettertura Tamil

Noi siamo di Puhar, dove i gigli d’acqua nascondono nel cuore le api laboriose e aprono i petali se vedono un cigno, posato sull’albero in fiore di punnai, credendo sia la luna tra le stelle. 

Lo Shilappadikâram è il capolavoro della letteratura Tamil, attribuito al principe Ilangô Adig (III -V sec).
Nell’antica città di Puhar il giovane e ricco Kovalan, sposo della bella Kannaki, si invaghisce di Madhavi, sensuale cortigiana, disperdendo tutta la sua fortuna Privo di mezzi, assieme alla fedele Kannaki, arriva a Madurai, nel regno di Pandya, dove tenta di vendere la cavigliera d’oro della moglie. Il mercante di preziosi, convinto d’aver di fronte un ladro, lo consegna subito al sovrano. Il re ordina ai suoi di recuperare la cavigliera e fa uccidere Kovalan senza indagare. Kannaki, abbandonata e sola, con la potenza della sua virtù, genera l’incendio di Madurai scatenando sul regno di Pandya l’ira degli dèi.

Tradotto e curato da Alain Daniélou
in collaborazione con R. S. Desikan

Traduzione italiana di Pietro Faiella

parvati

Recensione

 

 

 

 

Formato: 13,5 x 21 cm., Pagine: 238, ISBN: 88-89466-67-4 Prezzo: € 16,00

Recensione Cavigliera d’Oro

Da Il Sole 24 Ore del 29/1/2012

La Cavigliera lega la sposa
di Giuliano Boccali
Uno straordinario poema della letteratura tamil intreccia leggenda e credenze e parla di fedeltà coniugale
Uno straordinario poema della letteratura tamil intreccia leggende e credenze e parla di fedeltà coniugale e divinità da conquistare
Testo incantato e tragico, d’amore, fedeltà invincibile e irrefrenabile vendetta, La cavigliera d’oro è uno dei capolavori assoluti della letteratura tamil; composto in questa lingua di antico e nobile lignaggio del gruppo dravidico, ancora oggi lingua materna nel l’omonimo stato dell’India, il Tamilnadu, il poema risale molto probabilmente al V secolo d.C., questa almeno la convinzione ora scientificamente più attendibile; la tradizione lo attribuisce al principe Ilango Adigal della dinastia dei Chera regnante sul Malabar, all’incirca il Kerala attuale.
La vicenda è innestata profondamente nella tradizione sia letteraria sia religiosa del paese; protagonista è Kannaki, deliziosa fanciulla di una nobile famiglia di mercanti, sposata al suo pari Kovalan con una cerimonia dal fasto regale. Come regale,e appassionata negli slanci d’amore, è la vita della coppia finché il marito non si invaghisce della danzatrice Madahavi, stupenda e sofisticata, per la quale abbandona sposa e onore familiare. Ma Kannaki, esempio di autentica sposa hindu e di potenza femminile, come vedremo, riaccoglie Kovalan caduto in miseria e intraprende con lui una sorta di pellegrinaggio nel Sud dell’India, confidando in Rinnovate fortune. La morte è invece in attesa e falcia lo sposo. Condannato per il furto, non commesso, di una cavigliera della regina. A questo punto l’impensabile metamorfosi di Kannaki; “gravida di furia selvaggia e sfolgorante di rabbia”, dimostra inequivocabilmente al re l’iniquità della sentenza: la cavigliera era sua, colma di pietre preziose, non adorna di perle com’è invece quella della regina. Il sovrano muore, sopraffatto dall’eviidenza del male commesso e da sinistri presagi, e così la regina. Ma questo non basta alla sposa indomabile: con gesto devastante, di altissima portata rituale e simbolica, profondamente innervato nei culti eroici e divini del suo paese, Kannaki, si sradica il seno sinistro. Testimoniata la propria veridicità e assoluta fedeltà, tre volte al giorno gira intorno alla capitale come folle lanciandole contro la carne estirpata. L’atto, pure rituale, ha il potere di evocare Agni, dio del fuoco, che compie intera la terribile purificazione già sancita dai celesti: Maturai brucia con i suoi quattro templi, gli dèi la abbandonano, soli si salvano gli esseri santi e giusti, come i brahmani, le donne fedeli, le sacre vacche, o inermi, come i vecchi e i bambini. La potenza di una sposa incrollabile è smisurata nella visione hindu e questa, se è la più ampia e suggestiva, non è certo ‘unica leggenda a dichiararlo: tramutata in Pattini, la dea della fedeltà coniugale, Kannaki si riunirà in cielo al marito. Lo straordinario poema, dove magistralmente si intrecciano i caratteri di personaggi numerosi, soprattutto femminili, e le descrizioni molteplici della grande letteratura tamil – la vita delle corti e delle città, le opere quotidiane, la natura e le stagioni – è proposto ora da Casadei Editore, reso in italiano da Pietro Faiella dalla pioneristica versione inglese di Alain Daniélou. Ma già nel 2008 Ariele avava pubblicato una versione italiana curatissima anche nella scrittura di una grande specialista come Emanuela Panattoni. Le due iniziative a poca distanza, e da parte di due editori curiosi e coraggiosi, non possono che far piacere, almeno a chi ama la letteratura dell’India e, anche in questo ambito, la sfida all’incontro con l’inedito e il diverso.