Recensioni La via di Paolo e Giovanni

Dal Sole 24 ore

sole24 paolo e giovanni

Dal Giornale di Brescia del 5/04/2008

“Lungo le vie di Giovanni e Paolo per incontrare Gesù Cristo”
di Maurizio Schoepflin

Cinque settimane di viaggio da Bari a Istanbul per raccontare i luoghi della spiritualità orientale, dove San Paolo ha svolto la sua predicazione e San Giovanni ha scritto il quarto Evangelo. Prendendo le mosse da una trasmissione radiofonica andata in onda tutti i giorni, in diretta, dal primo maggio al due giugno 2006, questo volumetto ripercorre fedelmente le cinque settimane di viaggio dal capoluogo pugliese all’antica Bisanzio, durante le quali una diversa coppia di conduttori si è avvicendata al microfono, narrando luoghi, incontri, impressioni e riflessioni.
Sotto gli occhi del lettore scorrono Olimpia e Corinto, Atene e Salonicco, il Monte Athos e l’isola di Patmos, Efeso e Smirne. Dopo il Cammino di Santiago e la Via Francigena, Sergio Valzania, direttore dei programmi di radio Rai, e i suoi collaboratori, tra i quali spicca il noto uomo di spettacolo David Riondino, hanno scelto di andare a oriente, dove sono le radici della nostra civiltà e dove sono germogliati i primi semi della predicazione del Vangelo. Valzania ricorda al lettore che il Dio dei cristiani si sposta di frequente, ama cambiare luogo e spesso sceglie il deserto per incontrare gli uomini.
Abramo, il padre della fede, compì una lunga migrazione; Mosé guidò l’Esodo; Gesù Cristo si fece itinerante per proclamare la Buona Novella. Mettersi in cammino diventa dunque una condizione privilegiata per entrare in relazione con il Signore, seguendo le tracce di uomini come Giovanni e Paolo che si posero alla sequela di Cristo fino all’ultimo giorno della loro vita.

Recensioni Sulle strade dell’Avventura

Da Il Sole 24 Ore del 14/8/2010

L’avventura secondo Pratt
di Giovanna Mancini

Tutto ha inizio con un trasloco in uno studio fotografico milanese, circa un anno fa. Il fotografo in questione – catanese di origine ma meneghino di adozione – è Pino Ninfa, testimone con la sua fotocamera di tanti festival jazz ed eventi musicali, nonché autore di reportage da terre lontane. Mentre riordinava gli scatoloni da trasferire nel nuovo studio, gli capitò tra le mani una scatola con le immagini scattate nel 1994 a Hugo Pratt nella sua abitazione di Grandvaux, in Svizzera, dove sarebbe morto l’anno successivo. «Fu una folgorazione – racconta Ninfa – un incontro che fece riemergere ricordi e scattare associazioni». Di lì la decisione di un “omaggio a Hugo Pratt”, da cui prende il titolo un volume in uscita in autunno per l’editore Casadei, le cui immagini sono state esposte nei giorni scorsi al Caffè Quadri di Venezia, in occasione del Venezia Jazz Festival. Di omaggi al grande “fumettaro”, come lui stesso amava definirsi, se ne contano parecchi negli ultimi tempi.
Tra i tanti ricordiamo la recente pubblicazione per Rizzoli Lizard di Hugo Pratt – WWII – Storie di guerra, che raccoglie le tavole dedicate agli anonimi soldati morti durante il secondo conflitto mondiale e a suo tempo pubblicate dalla casa editrice inglese Fleetway. Ma quello di Ninfa non è un omaggio “convenzionale”. Il suo volume si articola in nove tappe che non raffigurano «i luoghi di Hugo Pratt», come potrebbe lasciar intendere il titolo, ma sono piuttosto evocazioni, idee, immagini in cui, spiega il fotografo, «Pratt si sarebbe riconosciuto, perché a tenerle unite è l’idea del viaggio, dell’avventura, che nell’opera del fumettista veneziano sono fondamentali». Sin da giovanissimo, quando seguì in Abissinia il padre militare, Pratt si appassionò al fumetto di avventura di Milton Caniff, un riferimento costante per la sua attività. Instancabile giramondo, anima inquieta e sempre desiderosa di movimento, per tutta la vita Pratt disegnò e inventò storie – comprese quelle del suo celebre e affascinante marinaio Corto Maltese – ispirandosi ai grandi romanzi d’avventura di Conrad e Melville, di Lewis e Dumas. Lui stesso scrisse romanzi d’avventura, sempre legati ai suoi fumetti, come Una ballata del mare salato o Corte Sconta detta Arcana. Ecco allora che il sottotitolo del libro di Pino Ninfa («Sulle strade dell’avventura») si comprende meglio. Nove le avventure scelte dal fotografo: Cuba e la Porsche di Hemingway, Rimbaud e Villa Arconati, Michel Petrucciani al pianoforte, le sabbie dell’Etiopia, il Tango, il Blues, le chiese rupestri, e infine i ritratti allo stesso Pratt nel suo studio svizzero e gli scatti in quella Venezia che lui amò e in cui ambientò molte delle avventure di Corto Maltese. «Questi nove capitoli – spiega – sono altrettanti luoghi o concetti che raccontano i miei viaggi. Ho impiegato mesi a scegliere le immagini, alla ricerca di quelle che meglio rendessero l’idea di avventura di Pratt». Sono «luoghi ripercorsi anche solo in sensazioni», scrive Fulvia Serra nell’introduzione al volume, in cui Hugo Pratt è «il grande assente, che come un’ombra buona si diffonde su tutta l’avventura immaginaria».
L’avventura del resto, precisa Ninfa «non ha coordinate precise e sono certo che Pratt stesso avrebbe apprezzato la scelta di queste tappe, evocative e non descrittive». Come il terzo capitolo, in cui il pianista jazz Michel Petrucciani è raccontato attraverso la sua ombra. «Per anni ho seguito i suoi concerti scattandogli foto – dice l’autore del libro – ma il suo aspetto fisico (era un nano, ndr) non mi permetteva di restituire la bellezza della sua musica e della sua persona. Un giorno per caso riuscii a fermare la sua ombra su una parete e mi parve di aver dato finalmente giustizia alla sua musica». O come il capitolo «Incontri», ambientato a San Lazzaro degli Armeni, un’isola della laguna veneziana tanto cara a Pratt: «Anche solo stando seduto al pontile dei vaporetti – racconta il fotografo – puoi imbatterti in storie che vale la pena raccontare».

Recensione La Storia del Tengu

Il Sole 24 Ore del 4/01/2009

Un essere mitico mezzo e mezzo dio,
protagonista di una sorta di proto manga di Hiroyuki Saito
di Gian Carlo Calza

Come a volte accade nelle tradizioni dove regna una forte componente della natura e di cui l’uomo è considerato una parte e non l’incondizionato signore e padrone, in Giappone si è sviluppata una cultura ricca di elementi tra lo sciamanico e il favoloso.
Tra le figure più curiose, sorte dal folklore del Sol Levante, è il tengu, un essere soprannaturale in parte uomo e in parte uccello che abita i mondi selvaggi ed è in qualche modo, collegato con la tradizione degli yamabushi, monaci sciamani dediti a pratiche ascetiche nelle montagne.
Nei secoli intorno al tengu si sono formate favole intrecciate con episodi storici talvolta a sostegno dell’eccezionalità di eventi e personaggi. Forse il più noto è quello legato ai miti medioevali sorti intorno alla figura del più grande generale della storia giapponese Mianmoto no Yoshitsune.
Le sue vittorie furono fondamentali nella creazione del primo shogunato giapponese, quello di Kamakura (1185-1333) e la sua formazione militare, leggenda vuole fosse avvenuta da ragazzino sotto la guida del grande tengu Korobo sul monte Kurama presso Kyoto.
Yoichi Takashi un celebre autore per ragazzi pubblico nel 1972 le avvenure di un tengu illustrate da Hiroyuki Saito in un elegante e coloratissimo proto manga che viene proposto dalla Casadei Libri Editore nella traduzione di Marcella Mariotti. E con un lungo, approfondito e riccamente illustrato saggio introduttivo sulla mitologia del “Tengu, demone divino della montagna” di Toshio Myake. Insomma due libri in uno; aprendolo alla giapponese, da destra verso sinistra il racconto per bambini; all’occidentale da sinistra verso destra un dotto studio su questa importante figura della tradizione giapponese.

Recensione Cavigliera d’Oro

Da Il Sole 24 Ore del 29/1/2012

La Cavigliera lega la sposa
di Giuliano Boccali
Uno straordinario poema della letteratura tamil intreccia leggenda e credenze e parla di fedeltà coniugale
Uno straordinario poema della letteratura tamil intreccia leggende e credenze e parla di fedeltà coniugale e divinità da conquistare
Testo incantato e tragico, d’amore, fedeltà invincibile e irrefrenabile vendetta, La cavigliera d’oro è uno dei capolavori assoluti della letteratura tamil; composto in questa lingua di antico e nobile lignaggio del gruppo dravidico, ancora oggi lingua materna nel l’omonimo stato dell’India, il Tamilnadu, il poema risale molto probabilmente al V secolo d.C., questa almeno la convinzione ora scientificamente più attendibile; la tradizione lo attribuisce al principe Ilango Adigal della dinastia dei Chera regnante sul Malabar, all’incirca il Kerala attuale.
La vicenda è innestata profondamente nella tradizione sia letteraria sia religiosa del paese; protagonista è Kannaki, deliziosa fanciulla di una nobile famiglia di mercanti, sposata al suo pari Kovalan con una cerimonia dal fasto regale. Come regale,e appassionata negli slanci d’amore, è la vita della coppia finché il marito non si invaghisce della danzatrice Madahavi, stupenda e sofisticata, per la quale abbandona sposa e onore familiare. Ma Kannaki, esempio di autentica sposa hindu e di potenza femminile, come vedremo, riaccoglie Kovalan caduto in miseria e intraprende con lui una sorta di pellegrinaggio nel Sud dell’India, confidando in Rinnovate fortune. La morte è invece in attesa e falcia lo sposo. Condannato per il furto, non commesso, di una cavigliera della regina. A questo punto l’impensabile metamorfosi di Kannaki; “gravida di furia selvaggia e sfolgorante di rabbia”, dimostra inequivocabilmente al re l’iniquità della sentenza: la cavigliera era sua, colma di pietre preziose, non adorna di perle com’è invece quella della regina. Il sovrano muore, sopraffatto dall’eviidenza del male commesso e da sinistri presagi, e così la regina. Ma questo non basta alla sposa indomabile: con gesto devastante, di altissima portata rituale e simbolica, profondamente innervato nei culti eroici e divini del suo paese, Kannaki, si sradica il seno sinistro. Testimoniata la propria veridicità e assoluta fedeltà, tre volte al giorno gira intorno alla capitale come folle lanciandole contro la carne estirpata. L’atto, pure rituale, ha il potere di evocare Agni, dio del fuoco, che compie intera la terribile purificazione già sancita dai celesti: Maturai brucia con i suoi quattro templi, gli dèi la abbandonano, soli si salvano gli esseri santi e giusti, come i brahmani, le donne fedeli, le sacre vacche, o inermi, come i vecchi e i bambini. La potenza di una sposa incrollabile è smisurata nella visione hindu e questa, se è la più ampia e suggestiva, non è certo ‘unica leggenda a dichiararlo: tramutata in Pattini, la dea della fedeltà coniugale, Kannaki si riunirà in cielo al marito. Lo straordinario poema, dove magistralmente si intrecciano i caratteri di personaggi numerosi, soprattutto femminili, e le descrizioni molteplici della grande letteratura tamil – la vita delle corti e delle città, le opere quotidiane, la natura e le stagioni – è proposto ora da Casadei Editore, reso in italiano da Pietro Faiella dalla pioneristica versione inglese di Alain Daniélou. Ma già nel 2008 Ariele avava pubblicato una versione italiana curatissima anche nella scrittura di una grande specialista come Emanuela Panattoni. Le due iniziative a poca distanza, e da parte di due editori curiosi e coraggiosi, non possono che far piacere, almeno a chi ama la letteratura dell’India e, anche in questo ambito, la sfida all’incontro con l’inedito e il diverso.