Recensioni AIkido

 

Repubblica – il venerdi

3 maggio 2024

Hiroshi Tada è uno dei più autorevoli discepoli del maestro Ueshiba Morihei, a sua volta grande maestro di arti marziali e fondatore dell’aikido, disciplina che mira a raggiungere la massima padronanza e unità di corpo e mente. Nato nel 1929 a Tokyo in una famiglia di samurai, Tada racconta oggi la sua vita avventurosa e profondamente spirituale in un’appassionante autobiografia che è appena stata tradotta e pubblicata in Italia da CasadeiLibri, piccola e ottima casa editrice specializzata in saggistica e letteratura orientali. (t.l.p.)

Corriere della sera – La Lettura 17

Inchiostro di Cina

di Marco Del Corona

Color rosso Manciuria

«Viaggiava a quasi cento chilometri all’ora» il treno per Dalian nella Manciuria del 1942, ampia porzione della Cina occupata dai giapponesi. Ricorda Hiroshi Tada (Tokyo,1929), maestro d’aikido dal ’64 attivo in Italia, che «il paesaggio visto dall’Asia Express era un vero “tramonto rosso manciuriano”».

II memoir s’intitola appunto Vivere nell’aikido

(traduzione di Koji Watanabe, revisione di Lorenzo Casadei,

ROCKERILLA 526

GIUGNO 2024 · 01/06/2024

Hiroshi Tada, classe ’29, discepolo del Maestro Ueshiba Morihei, è il fondatore dell’Aikikai d’Italia, Associazione di Cultura Tradizionale Giapponese. La sua autobiografia, presentata da CasadeiLibri in un’edizione curata e ricca di illustrazioni, è un romanzo di formazione di un altro mondo, che rivela come crescita personale e scoperta del sé possano essere conquistate attraverso l’unità di corpo e mente. Per appassionati e curiosi dotati di almeno un’infarinatura in materia.

Alessandro Hellmann

Sans Fiction

Il rischio di apprendere un’arte marziale leggendo i libri: “Quale che sia la tecnica o la scuola, seguire un Maestro eccelso, non distrarsi e dedicare tutto se stessi alla pratica. Questa è la via corretta per migliorare. II) Nei testi, spesso, vengono riportati concetti che riguardano il vertice della Via. Lasciarsi distrarre da concetti che stanno troppo in alto viene detto “Essere influenzati negativamente dai segreti”. Si dice kyakkashōko e con ciò si intende che bisogna sempre tenere presente a che punto si è nella pratica e “mantenere i piedi per terra”.

La differenza tra bene e male: “Un’altra volta, a un uomo che affermava di non saper distinguere il Bene dal Male, l’Anziano disse: – La verità è che ciò non è possibile. Una cosa del genere in realtà non esiste. Siccome la persona pareva non essere d’accordo, l’Anziano aggiunse – La bellezza e la bruttezza, l’alto e il basso, il sopra e il sotto, il bene e il male, sono tutti la stessa cosa e sono l’aspetto di una manifestazione. C’è però anche l’aspetto delle cose non manifestate. Il “mezzo” del Giusto mezzo, il “Nirvana” del Buddha, la “Alta pianura celeste” dello shintō e, come ci dice la frase “La mia Via è percorsa da un unico principio” di Confucio, si tratta della vera natura del luogo in cui dimora l’Uno. Lì non vi è Bene e Male, vi regna l’assoluta uguaglianza ed equità, viene detto Vuoto, Nulla, Ingresso nel Nirvana, Origine. Il praticante avanzato deve entrare almeno una volta in questo territorio. Solo dopo aver raggiunto questo luogo può sgorgare, come da una sorgente, la capacità di cogliere il Discrimine, altrimenti non è possibile comprendere la vera natura del Bene e del Male”.

È in libreria Aikido ni ikiru. Vivere nell’aikido di Tada Hiroshi (CasadeiLibri 2024, pp. 400, € 25,00, con traduzione di Koji Watanabe).

Tada Hiroshi nato a Tokyo il 14 dicembre 1929 è un artista di primissimo piano del panorama marziale giapponese e mondiale. Discendente di una famiglia di samurai dell’isola di Tsushima, è 9º dan di aikidō, shihan dell’Aikidō Honbu Dōjō; shihan emerito dell’Aikidōkai della Waseda University e della University of Tōkyō; Presidente dell’Aikidō Tadajuku e Direttore didattico emerito dell’Aikikai d’Italia. Nel 2019, dopo 55 anni di attività in Italia, il Presidente della Repubblica Italiana gli ha conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia. In Francia è stato recentemente pubblicato il suo libro L’énergie du souffle – Ki No Renma, Hachette, 2023.

L’autore ha seguito i principi insegnati da Ueshiba Morihei, il fondatore dell’Aikido, un percorso volto a raggiungere l’armonia tra corpo e mente, sviluppando l’energia vitale. Nel corso degli anni, ha incontrato diversi maestri, tra cui Nakamura Tenpū, promotore dell’unione mente-corpo. La sua dedizione ha contribuito notevolmente alla diffusione dell’Aikido a livello globale, con la creazione di dojo e organizzazioni nazionali come l’Aikikai Italia.

Pur riconoscendo i propri limiti, ha deciso di condividere la sua storia per onorare i predecessori e guidare le future generazioni nell’arte dell’Aikido. Questa autobiografia non è solo un’esplorazione dell’arte marziale, ma anche un viaggio interiore alla ricerca di sé e della propria eredità, offrendo un’esperienza che va oltre l’allenamento fisico, trasformando la pratica dell’Aikido in un cammino di crescita personale.

Un viaggio spirituale che ci porta a scoprire la natura umana attraverso i tanti modi di apprendere e l’umiltà necessaria per farlo bene.

Carlo Tortarolo

Il Maestro Ueshiba Morihei

Un giorno, dopo l’allenamento del mattino, lasciai il Dōjō Ueshiba e giunto sul grande viale di Nukebenten vidi una coppia, l’uno vestito con abiti
tradizionali e l’altro in divisa da studente. Presumibilmente erano scesi dal tram appena passato. In quel momento il signor Kikuchi Tokio mi disse: “È tornato Ō Sensei. Tada, vieni con me.” e cominciò a correre. Al che anch’io mi misi a correre dietro di lui.

Il signor Kikuchi, dopo il saluto di buon rientro, mi presentò al Maestro: “Maestro, lui è il signor Tada, un nuovo iscritto.” Lo salutai e quando alzai il capo, il Maestro mi fissò intensamente, poi tolse il cappello e, con un inchino straordinariamente educato verso di me che ero in divisa scolastica, disse: “Sono Ueshiba”. In quel momento, alla presenza del Maestro, di cui da tempo avevo sentito parlare come di un grande esperto, provai una particolare emozione mai sperimentata prima di allora. Fu una strana sensazione, come se un desiderio covato da tanto tempo, ma a cui ancora non ero riuscito a dare una forma precisa, mi si fosse palesato davanti agli occhi.

In altezza il Maestro arrivava appena sopra il mio petto. Aveva un viso dai tratti scolpiti, zigomi alti e un grande naso. I suoi grandi occhi limpidi avevano un colore particolare, sembravano viola, o di un blu profondo. Un lungo pizzetto bianco scendeva davanti fino al petto.

Guardandolo da vicino ebbi la sensazione di averlo già visto da qualche parte. Mi venne subito in mente il grande volto del drago dipinto sul kakejiku appeso sopra il kamiza del tokonoma nel Dōjō Ueshiba in cui ero stato fino a poco fa. Lo seppi più tardi, ma quel volto di drago era stato dipinto da un famoso pittore che appena vide il Maestro Ueshiba fu preso dalla commozione e realizzò il dipinto seduta stante. Lo studente con lui era il signor Kamizono della facoltà di Scienze e Ingegneria dell’Università Waseda. Li seguimmo fino a che non imboccarono il viottolo che dal grande viale portava alla casa degli Ueshiba.

La pratica con il Maestro Ueshiba Morihei

La pratica del mattino del giorno dopo con il Maestro Ueshiba Morihei iniziò con una devota invocazione rivolta alle divinità. Il tono di voce alto, ma straordinariamente limpido del Maestro si diffuse in tutto il dōjō, avvolgendo con la sua vibrazione tutti coloro che erano posizionati in fila.

Dopo il torifune e il furutama, il Maestro, tirandosi su le lunghe maniche del vestito, si avvicinò agli allievi porgendo loro la mano con un gesto naturale. Gli allievi, come attirati da una calamita, si alzavano ad afferrare il braccio del Maestro, ma un istante dopo erano già a terra. Dopo averli proiettati uno dopo l’altro si avvicinò a me e mi porse ugualmente la mano come per invitarmi. Mi alzai e afferrai con tutte le mie forze il braccio del Maestro, ma immediatamente dopo stavo già rotolando a terra. Durante tutto il tempo il Maestro non pronunciò una parola.

La pratica con il Maestro iniziava sempre in questo modo. Successivamente, a coppie, ripetevamo, cercando di riprodurre il più fedelmente possibile il movimento del Maestro e la sensazione provata.

Dopo un po’ il Maestro disse: “Vi prego di ascoltare le mie parole”. Mi guardai in giro sorpreso per vedere se fosse arrivata una persona speciale, ma nel dōjō eravamo solo noi studenti, il signor Kikuchi Ban, iscrittosi recentemente, e altri giovani praticanti.

Il Maestro parlava sempre così, in modo estremamente educato. Prima della guerra, nel Dōjō Ueshiba venivano a praticare persone che rappresentavano il Paese tra le quali alcuni membri della famiglia imperiale, nobili, generali dell’esercito, ammiragli della marina e uomini politici. Ma non era solo questo.

La parola è Forza. Il linguaggio educato, la cura attenta nell’insegnamento, erano alla base della grande dignità del Maestro e ciò si rifletteva direttamente nelle sue abilità marziali.

All’epoca aveva 66 anni, ma i suoi movimenti apparivano più vitali e vigorosi di quelli di qualunque giovane. Quando si praticava con il Maestro tutto il dōjō era avvolto da un’atmosfera particolare. Era come se l’intera sala e tutte le persone presenti cominciassero a respirare insieme, all’unisono con l’attività del Maestro. Il giorno in cui partecipai alla pratica percepii che il Maestro Ueshiba era giunto a uno stadio molto avanzato. Potrà sembrare un’espressione strana e poco rispettosa nei confronti del Maestro, ma è da intendersi nel seguente modo.

Nei racconti che in passato circolavano tra i compagni dell’università Waseda si diceva che il Maestro Ueshiba fosse un artista marziale che usava tecniche che potevano essere applicate in un combattimento reale derivanti dal jūjutsu antico, del tutto diverse dalle arti marziali moderne, e che possedesse anche delle misteriose capacità. Era come se un grande esperto del Giappone antico, che la sensibilità moderna non era più in grado di comprendere, fosse apparso nel mondo contemporaneo.

La Riconocenza

La Riconoscenza

Fernando Marchiori

La riconoscenza

 

Un anziano professore di storia ‘imbatte in una pergamena medievale della quale cerca di ricostruire la singolare vicenda:

trafugata nel corso della Prima guerra mondiale da un castello sulle colline trevigiane, è finita nelle campagne boeme dentro lo scarpone di un soldato in fuga. Ma mentre ricompone l’epopea misconosciuta della Legione Cecoslovacca in Italia, il professore tradisce i segni della demenza senile. Vuole disperatamente raccontare questa storia, ma la sua memoria sdrucciola sul territorio dell’invenzione. Il romanzo storico diventa così la storia di un romanzo impossibile. A meno che qualcuno non provi a riannodarne i fili per un’altra trama.

«Un romanzo come se ne leggono pochissimi oggi. La scrittu-la è raffinata, vivida, smagliante: sa come gettarci nel mezzo di un campo di battaglia di un secolo fa o nella casa di un vecchio infermo di oggi, facendoci provare quasi fisicamente le sensazioni più intollerabili e le premure più delicate. Quel che lascia il segno è soprattutto il passaggio di testimone fra i protagonisti, padre e figlio: il dovere (che può diventare anche una forma di felicità) di raccontare, sempre, non solo la nostra storia, ma anche quella di chi ci ha preceduti e che, impastandoci in quella stessa storia, ci ha resi ciò che siamo..»

Tiziano Scarpa

 

Neve su foglie vermiglie

Neve su foglie vermiglie

di Dōgen Zenji

 

Poesie scelte del maestro zen Dōgen commentate da Shohaku Okumura

calligrafie di Norio Nagayama

Traduzione di Michel Gauvain e Lorenzo Casadei

Il candore della neve rappresenta l’unicità (l’unità) mentre i colori vivaci delle foglie la molteplicità. Ogni albero ha la sua natura unica, per forma e altezza, con i suoi fiori e frutti ed i colori delle sue foglie. Unità e molteplicità convivono. Come possiamo esprimere questa compenetrazione delle realtà assoluta con la realtà convenzionale. Questo è uno dei punti essenziali dello studio e della pratica del Dharma. Come esprimere l’unità di tutte le cose nella miriade di fenomeni che incontriamo? E questa è la ragione per prendere l’espressione a titolo della raccolta.

Recensioni

Vivere nell’Aikido

AIKIDŌ NI IKIRU, Vivere nell’aikidō di HIROSHI TADA

L’autobiografia del più grande maestro vivente di Aikido. Fondatore dell’Aikikai d’Italia con centinaia di allievi e allievi di allievi in tutta Europa e nel Mondo.

“Sono nato nel 4° anno Shōwa (1929). Dalla serenità degli inizi del periodo Shōwa, ho attraversato il suo periodo turbolento caratterizzato dal conflitto bellico. Diventato maggiorenne, come attirato da un filo invisibile, incontrai gli insegnanti che sarebbero diventati i miei Maestri di tutta la vita. Erano il Maestro Funakoshi Gichin del Karatedō, il Maestro Ueshiba Morihei, fondatore dell’Aikidō, il Maestro Ueshiba Kisshōmaru, il Maestro Nakamura Tenpū del metodo di unificazione di corpo e mente (Shinshintōitsuhō) e il Maestro Hino Masakazu e sua moglie del dojo Ichikūkai, eredi degli insegnamenti del Maestro Yamaoka Tesshū. Tra i preziosi insegnamenti di questi Maestri, ci sono anche quelli attraverso il contatto diretto, difficili da ricevere al giorno d’oggi. Ho ricevuto inoltre un grande supporto da amici e membri dell’Aikikai dell’epoca nel diffondere l’Aikido in Giappone e in Europa, e nel fondare dojo e Aikikai nazionali.Molte di queste persone non sono più tra noi. Per ripagare i loro sforzi e nella speranza di essere di qualche aiuto ai giovani artefici e responsabili di ciò che verrà, ho deciso di scrivere queste pagine, consapevole della mia inesperienza e inadeguatezza”

Recensioni

Shohaku Okumura

Shohaku Okumura, nato a Osaka nel 1948, dopo la laurea in Studi buddhisti ha preso l’ordinazione monastica al monastero Antaiji di Kyoto, divenendo discepolo di Kosho Uchiyama roshi che, cinque anni dopo, l’ha nominato suo successore nel Dharma nel lignaggio di Kodo Sawaki roshi. Dal 1995 al 2010 è stato direttore del Soto Zen Buddhism International Center di San Francisco, e attualmente vive e insegna a Bloomington, Indiana, dove ha fondato la San-shin Zen Community. A lui si deve la traduzione dal giapponese di molti testi fondamentali della tradizione zen soto e del suo maestro Kòshò

Tra le sue molteplici opere in italiano sono stati pubblicti: Il Canto dello Zen, Il senso vivente di otto fondamentali testi zen, il Genjokoan e Kodo Il Senza Dimora, editi da Ubaldini.

IL SŪTRA DELLE MONTAGNE E DELLE ACQUE

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Shohaku Okumura

IL SŪTRA DELLE MONTAGNE E DELLE ACQUE

Una guida pratica al Sansikyo del Maestro Dōgen

Una guida magistrale del maestro Okumura al misterioso Sansuikyō del maestro Dōgen qui presentato nella traduzione di Carl Bielefeldt con i contributi di Gary Snyder e Isshō Fujita.

Sansuikyō 山水經 è un’espressione semplice. Sansui 山水 significa “montagne e acque” kyō 經 “il sūtra” o “i sūtra”.

Un modo di intendere questo titolo potrebbe essere “sūtra sulle Montagne e sulle Acque”, ma Dōgen sta

dicendo che le montagne e le acque sono esse stesse dei sūtra ed espongono incessantemente l’insegnamento del Buddha.

Le montagne e le acque di questo momento sono la manifestazione della grande via degli antichi buddha.

A cura di Shōdō Spring Traduzione di Michel Gauvain

Formato: 17 x 24 cm. 

320 pagine 

ISBN: 9791280146-05-2 

€ 23,00

PROSPERO E HUXLEY

Eduardo Ciampi

I LIBRI DI PROSPERO
E LA BIBLIOTECA DI HUXLEY

La Tempesta di Shakespeare tra utopia e distopia

Che rapporto hanno le distopie moderne di Aldous Huxley con l’ultima opera teatrale di Shakespeare?

L’indagine di Eduardo Ciampi fa luce sulla controversa personalità di Huxley, accusato da più parti di collusione con quelle forze politiche che ritengono di poter dirigere le sorti dell’umanità, e che nelle sue distopie e nei suoi saggi sembra decisamente avversare

Postfazione di Mariano Bizzarri

 

Formato: 13,5 x 21 cm, Pagine: 104, ISBN: 9791280146083 Prezzo: 11,00Schermata 2022-10-01 alle 17.26.17Schermata 2022-10-01 alle 17.26.36

Fatti di Acqua

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Questo libro è l’ultimo di una quadrilogia dedicata agli elementi, in cui il maestro zen Fausto Guareschi ha raccolto discorsi e scritti di una pratica iniziata 50 anni fa. 

L’acqua vi è richiamata come rugiada, pioggia, fiume, mare. Le stesse pagine hanno un andamento liquido, che ora affiora, ora è sommerso e in cui, come nei precedenti volumi, l’identità  del narratore si frantuma in  rivoli ed eteronimi, alternando la riflessione filosofica, al racconto autobiografico.

Dalla Prefazione di Tiziana Verde

 

Là dove sono presenti Buddha e Patriarchi, l’acqua è sempre presente. Dove c’è acqua, Buddha e Patriarchi sempre si realizzano come presenza. A partire da ciò, sempre triturandosi, fanno dell’acqua il loro corpo, il loro cuore e i loro pensieri. Pertanto non è detto nelle scritture buddiste o nelle scritture non buddhiste che l’acqua non salga verso l’alto. La via dell’acqua penetra ovunque su e giù, sia verticalmente che orizzontalmente. 

Dōgen Zenji Shōbōgenzō Sansuikyō.

Recensione Hanaujo Leggere Tutti

I fiori della compassione

di Andrea Coco

Aoyama Shundō è una maestra e monaca zen giapponese, autrice di numerosi libri, che, attraverso l’attività di insegnamento della Via dei Fiori (kadō), contribuisce alla diffusione di concetti dello Zen comprensibili anche al grande pubblico. Nel nostro paese le opere dedicate a presentare la “Via dei Fiori” come via spirituale sono assai poche e, a parte un paio di testi, i libri disponibili analizzano solo l’aspetto tecnico-artistico di questa pratica, tralasciando del tutto o accennando in maniera superficiale alla sua origine e al suo profondo legame con la dottrina buddhista. A compensare questo vuoto interiore, la casa editrice “CasadeiLibri” ha pubblicato in Italia “Hanaujō. I Fiori della Compassione”, un’opera formata da una raccolta di fotografie artistiche, eleganti creazioni floreali create Aoyama Shundō, le quali servono a sviluppare riflessioni che vanno oltre la semplice esposizione artistica e tecnica. Ci si trova di fronte, piuttosto, a una pratica di meditazione, di comprensione di sé stessi, della natura, dello spazio che ci circonda e della nostra percezione, insomma di fronte a un cammino di elevazione spirituale secondo i principi dello Zen. Le bellissime immagini, la poesia e l’apparente semplicità delle riflessioni della Aoyama Shundō, in realtà punto partenza di un viaggio spirituale destinato ad andare lontano, fanno di quest’opera un testo che può essere apprezzato da chiunque, seguaci del Buddhismo come semplici lettori che non abbiano conoscenza o interesse verso questa religione. Testi solo in apparenza semplici ma che per apparire tali hanno richiesto l’intervento di Watanabe Koji, traduttore professionista, che ha una conoscenza profonda del Buddhismo e della cultura giapponese. Insomma, un’opera pregevole che l’intervento grafico della CasadeiLibri ha saputo rendere ancora più preziosa, meritevole di essere letta perché “In ciascuno di noi alberga anche la mente/cuore compassionevole di un fiore ovvero la mente/cuore di Buddha”.