Recensioni AIkido

 

Repubblica

il venerdi 3 maggio 2024

Hiroshi Tada è uno dei più autorevoli discepoli del maestro Ueshiba Morihei, a sua volta grande maestro di arti marziali e fondatore dell’aikido, disciplina che mira a raggiungere la massima padronanza e unità di corpo e mente. Nato nel 1929 a Tokyo in una famiglia di samurai, Tada racconta oggi la sua vita avventurosa e profondamente spirituale in un’appassionante autobiografia che è appena stata tradotta e pubblicata in Italia da CasadeiLibri, piccola e ottima casa editrice specializzata in saggistica e letteratura orientali. (t.l.p.)

ROCKERILLA 526 GIUGNO 2024 · 01/06/2024

Hiroshi Tada, classe ’29, discepolo del Maestro Ueshiba Morihei, è il fondatore dell’Aikikai d’Italia, Associazione di Cultura Tradizionale Giapponese. La sua autobiografia, presentata da CasadeiLibri in un’edizione curata e ricca di illustrazioni, è un romanzo di formazione di un altro mondo, che rivela come crescita personale e scoperta del sé possano essere conquistate attraverso l’unità di corpo e mente. Per appassionati e curiosi dotati di almeno un’infarinatura in materia.

Alessandro Hellmann

Sans Fiction

Il rischio di apprendere un’arte marziale leggendo i libri: “Quale che sia la tecnica o la scuola, seguire un Maestro eccelso, non distrarsi e dedicare tutto se stessi alla pratica. Questa è la via corretta per migliorare. II) Nei testi, spesso, vengono riportati concetti che riguardano il vertice della Via. Lasciarsi distrarre da concetti che stanno troppo in alto viene detto “Essere influenzati negativamente dai segreti”. Si dice kyakkashōko e con ciò si intende che bisogna sempre tenere presente a che punto si è nella pratica e “mantenere i piedi per terra”.

La differenza tra bene e male: “Un’altra volta, a un uomo che affermava di non saper distinguere il Bene dal Male, l’Anziano disse: – La verità è che ciò non è possibile. Una cosa del genere in realtà non esiste. Siccome la persona pareva non essere d’accordo, l’Anziano aggiunse – La bellezza e la bruttezza, l’alto e il basso, il sopra e il sotto, il bene e il male, sono tutti la stessa cosa e sono l’aspetto di una manifestazione. C’è però anche l’aspetto delle cose non manifestate. Il “mezzo” del Giusto mezzo, il “Nirvana” del Buddha, la “Alta pianura celeste” dello shintō e, come ci dice la frase “La mia Via è percorsa da un unico principio” di Confucio, si tratta della vera natura del luogo in cui dimora l’Uno. Lì non vi è Bene e Male, vi regna l’assoluta uguaglianza ed equità, viene detto Vuoto, Nulla, Ingresso nel Nirvana, Origine. Il praticante avanzato deve entrare almeno una volta in questo territorio. Solo dopo aver raggiunto questo luogo può sgorgare, come da una sorgente, la capacità di cogliere il Discrimine, altrimenti non è possibile comprendere la vera natura del Bene e del Male”.

È in libreria Aikido ni ikiru. Vivere nell’aikido di Tada Hiroshi (CasadeiLibri 2024, pp. 400, € 25,00, con traduzione di Koji Watanabe).

Tada Hiroshi nato a Tokyo il 14 dicembre 1929 è un artista di primissimo piano del panorama marziale giapponese e mondiale. Discendente di una famiglia di samurai dell’isola di Tsushima, è 9º dan di aikidō, shihan dell’Aikidō Honbu Dōjō; shihan emerito dell’Aikidōkai della Waseda University e della University of Tōkyō; Presidente dell’Aikidō Tadajuku e Direttore didattico emerito dell’Aikikai d’Italia. Nel 2019, dopo 55 anni di attività in Italia, il Presidente della Repubblica Italiana gli ha conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia. In Francia è stato recentemente pubblicato il suo libro L’énergie du souffle – Ki No Renma, Hachette, 2023.

L’autore ha seguito i principi insegnati da Ueshiba Morihei, il fondatore dell’Aikido, un percorso volto a raggiungere l’armonia tra corpo e mente, sviluppando l’energia vitale. Nel corso degli anni, ha incontrato diversi maestri, tra cui Nakamura Tenpū, promotore dell’unione mente-corpo. La sua dedizione ha contribuito notevolmente alla diffusione dell’Aikido a livello globale, con la creazione di dojo e organizzazioni nazionali come l’Aikikai Italia.

Pur riconoscendo i propri limiti, ha deciso di condividere la sua storia per onorare i predecessori e guidare le future generazioni nell’arte dell’Aikido. Questa autobiografia non è solo un’esplorazione dell’arte marziale, ma anche un viaggio interiore alla ricerca di sé e della propria eredità, offrendo un’esperienza che va oltre l’allenamento fisico, trasformando la pratica dell’Aikido in un cammino di crescita personale.

Un viaggio spirituale che ci porta a scoprire la natura umana attraverso i tanti modi di apprendere e l’umiltà necessaria per farlo bene.

Carlo Tortarolo

Il Maestro Ueshiba Morihei

Un giorno, dopo l’allenamento del mattino, lasciai il Dōjō Ueshiba e giunto sul grande viale di Nukebenten vidi una coppia, l’uno vestito con abiti
tradizionali e l’altro in divisa da studente. Presumibilmente erano scesi dal tram appena passato. In quel momento il signor Kikuchi Tokio mi disse: “È tornato Ō Sensei. Tada, vieni con me.” e cominciò a correre. Al che anch’io mi misi a correre dietro di lui.

Il signor Kikuchi, dopo il saluto di buon rientro, mi presentò al Maestro: “Maestro, lui è il signor Tada, un nuovo iscritto.” Lo salutai e quando alzai il capo, il Maestro mi fissò intensamente, poi tolse il cappello e, con un inchino straordinariamente educato verso di me che ero in divisa scolastica, disse: “Sono Ueshiba”. In quel momento, alla presenza del Maestro, di cui da tempo avevo sentito parlare come di un grande esperto, provai una particolare emozione mai sperimentata prima di allora. Fu una strana sensazione, come se un desiderio covato da tanto tempo, ma a cui ancora non ero riuscito a dare una forma precisa, mi si fosse palesato davanti agli occhi.

In altezza il Maestro arrivava appena sopra il mio petto. Aveva un viso dai tratti scolpiti, zigomi alti e un grande naso. I suoi grandi occhi limpidi avevano un colore particolare, sembravano viola, o di un blu profondo. Un lungo pizzetto bianco scendeva davanti fino al petto.

Guardandolo da vicino ebbi la sensazione di averlo già visto da qualche parte. Mi venne subito in mente il grande volto del drago dipinto sul kakejiku appeso sopra il kamiza del tokonoma nel Dōjō Ueshiba in cui ero stato fino a poco fa. Lo seppi più tardi, ma quel volto di drago era stato dipinto da un famoso pittore che appena vide il Maestro Ueshiba fu preso dalla commozione e realizzò il dipinto seduta stante. Lo studente con lui era il signor Kamizono della facoltà di Scienze e Ingegneria dell’Università Waseda. Li seguimmo fino a che non imboccarono il viottolo che dal grande viale portava alla casa degli Ueshiba.

La pratica con il Maestro Ueshiba Morihei

La pratica del mattino del giorno dopo con il Maestro Ueshiba Morihei iniziò con una devota invocazione rivolta alle divinità. Il tono di voce alto, ma straordinariamente limpido del Maestro si diffuse in tutto il dōjō, avvolgendo con la sua vibrazione tutti coloro che erano posizionati in fila.

Dopo il torifune e il furutama, il Maestro, tirandosi su le lunghe maniche del vestito, si avvicinò agli allievi porgendo loro la mano con un gesto naturale. Gli allievi, come attirati da una calamita, si alzavano ad afferrare il braccio del Maestro, ma un istante dopo erano già a terra. Dopo averli proiettati uno dopo l’altro si avvicinò a me e mi porse ugualmente la mano come per invitarmi. Mi alzai e afferrai con tutte le mie forze il braccio del Maestro, ma immediatamente dopo stavo già rotolando a terra. Durante tutto il tempo il Maestro non pronunciò una parola.

La pratica con il Maestro iniziava sempre in questo modo. Successivamente, a coppie, ripetevamo, cercando di riprodurre il più fedelmente possibile il movimento del Maestro e la sensazione provata.

Dopo un po’ il Maestro disse: “Vi prego di ascoltare le mie parole”. Mi guardai in giro sorpreso per vedere se fosse arrivata una persona speciale, ma nel dōjō eravamo solo noi studenti, il signor Kikuchi Ban, iscrittosi recentemente, e altri giovani praticanti.

Il Maestro parlava sempre così, in modo estremamente educato. Prima della guerra, nel Dōjō Ueshiba venivano a praticare persone che rappresentavano il Paese tra le quali alcuni membri della famiglia imperiale, nobili, generali dell’esercito, ammiragli della marina e uomini politici. Ma non era solo questo.

La parola è Forza. Il linguaggio educato, la cura attenta nell’insegnamento, erano alla base della grande dignità del Maestro e ciò si rifletteva direttamente nelle sue abilità marziali.

All’epoca aveva 66 anni, ma i suoi movimenti apparivano più vitali e vigorosi di quelli di qualunque giovane. Quando si praticava con il Maestro tutto il dōjō era avvolto da un’atmosfera particolare. Era come se l’intera sala e tutte le persone presenti cominciassero a respirare insieme, all’unisono con l’attività del Maestro. Il giorno in cui partecipai alla pratica percepii che il Maestro Ueshiba era giunto a uno stadio molto avanzato. Potrà sembrare un’espressione strana e poco rispettosa nei confronti del Maestro, ma è da intendersi nel seguente modo.

Nei racconti che in passato circolavano tra i compagni dell’università Waseda si diceva che il Maestro Ueshiba fosse un artista marziale che usava tecniche che potevano essere applicate in un combattimento reale derivanti dal jūjutsu antico, del tutto diverse dalle arti marziali moderne, e che possedesse anche delle misteriose capacità. Era come se un grande esperto del Giappone antico, che la sensibilità moderna non era più in grado di comprendere, fosse apparso nel mondo contemporaneo.