Beatrice Testini

Beatrice Testini, è nata a Firenze dove si è laureata in Architettura. Lì ha iniziato la sua formazione nello studio Forte Europa 2000 dell’architetto Lorenzo Papi. Da più di dieci anni pratica alcune discipline tradizionali orientali, tra le quali l’aikido e lo shodo. Attualmente vive a Padova e si dedica allo studio e alla composizione dei giardini.

Con Francesco Fonte Basso ha scritto
Il Giardino del Sogno in Il Regno di Giano
Le quattro libertà di un giardino (Maestri di giardino editore)

 

 

Sachimine Masui

Sachimine Masui, nato a Kurayoshi, Giappone. Paesaggista, socio dell’AIAPP, Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio.Ha studiato landscape architecture al Graduate Schoolof Design, University of Pennsylvania, Philadelphia, Usa; storia ed antropologia dell’Asia in rapporto al paesggio presso la Sophia Università degli Studi Roma-Tre. In Italia ha tenuto conferenze e corsi sul giardino/paesaggio giapponese in università e istituti professionali. Attualmente vive in Giappone.

San Sen Sou Moku

mokuIl giardino giapponese nella tradizione e nel mondo contemporaneo

Sachimine MasuiBeatrice Testini

Questo libro esplora in profondità le caratteristiche essenziali dell’arte del giardino giapponese e le sue potenzialità nel mondo contemporaneo. Dalla descrizione del clima e del territorio, racconta l’origine, la storia, i principi, nonché il rapporto con le altre forme d’arte orientale Con un saggio di Giangiorgio Pasqualotto, e traduzioni inedite di testi di Muso Soseki, Kobori Enshu, Ogawa Jihei, Shigemori Mirei, Horiguchi Sutemi, Saito Katsuo e altri ancora.

con scritti di Giangiorgio Pasqualotto sul Suiseki e di Lorenzo Casadei sul gioco del go come metafora dell’arte del giardino e del paesaggio

Recensioni

Formato: 17 x 24 cm., Pagine: 216 con immagini a colori e in bianco e nero, ISBN: 88-89466-19-7 Prezzo: € 30,00

Seyyed Hossein Nasr

Seyyed Hossein Nasr nato a Teheran nel 1933. Studiò al Mit di Boston matematica e fisica e ad Harvard, storia della scienza e in filosofia. Conobbe grandi studiosi come de Santillana e B. Russell. Dopo la specializzazione in scienze islamiche, ritornò in Iran dove fu ordinario distoria della scienza e della filosofia, preside della Facoltà di lettere, rettore dell¹Università Aryamehr, presidente dell’Accademia iraniana di filosofia. Rendendosi conto che la sua preparazione interiore era ancora incompleta seguì per anni i più qualificati maestri iraniani. L’avvento di Khomeyni ebbe gravi ripercussioni sulla sua vita tanto che durante la rivoluzione la sua biblioteca fu distrutta. Preferì quindi stabilirsi negli Usa dove oggi dirige l’Istituto di Studi Islamici della George Washington University. Nasr ha scritto in persiano, arabo, inglese e francese più di quaranta libri e oltre quattrocento saggi sull’Islam, sull’arte e sulla scienza moderna, ecc.

Tra i più importanti ricordiamo (con indicazione della prima edizione): An Introduction to Islamic Cosmological Doctrines, Cambridge 1964; Three Muslim Sages, Cambridge 1964; Ideals and Realities of Islam, Allen and Unwin, London 1966 [trad. it. Ideali e realtà dell’Islam, Rusconi, 1989]; Science and Civilization in Islam, Harward University Press, Cambridge 1968 [trad. it. Scienza e civiltà nell’Islam, Feltrinelli, 1977]; The Encounter of Man and Nature, London 1968 [trad. it. Uomo e Natura, Rusconi, 1974]; Sufi Essays, Allen and Unwin, London 1972 [trad. it. Il Sufismo, Rusconi, 1994]; Knowledge and the Sacred, Crossroad, New York 1981; Islamic Art and Spirituality, Golgonooza Press, London 1987; Muhammad: Man of Allah, Muhammadi Trust, London 1982; The Need for a Sacred Science, State University of New York Press, Albany 1993; In Quest of the Sacred Science, State University of New York Press, Albany 1993; Religion and the Order of Nature, Oxford University Press, New York and Oxford 1996; The Islamic Intellectual Tradition in Persia, Curzon Press, London 1996

L’Islam tradizionale nel mondo moderno

IslamSeyyed Hossein Nasr

La traduzione di quest¹opera fondamentale scritta da uno dei più autorevoli studiosi islamici contemporanei, appare oggi più che mai importante.

L’Autore in questo libro che spazia dalla politica, all¹urbanistica, alla gnosi, dà qui una chiave di lettura del fondamentalismo dal punto di vista dell’Islam tradizionale che merita d¹esser meditata da chiunque si interessi alla questione islamica.

INDICE DELL’OPERA – Prefazione dell’autore all’edizione italiana – Prefazione alla prima edizione – Prologo. Cos’è l’Islam tradizionale Parte prima. I molteplici volti della tradizione islamica – I. Il significato spirituale dello jihad – II. L’etica islamica del lavoro – III. Maschile e femminile – IV. Lo sciismo tradizionale nella Persia safavide – Parte seconda. L’Islam tradizionale e il modernismo – V. Una panoramica sull’Islam contemporaneo – VI. L’Islam e il pensiero moderno – VII. Valore e sviluppo nel mondo islamico – Parte terza. Tradizione e modernismo: tensioni culturali – VIII. L’educazione, la filosofia e la scienza islamica – XI. L’istruzione secondo i filosofi islamici – X. Testi tradizionali usati nelle madrasah persiane – XI. La filosofia islamica contemporanea – XII. La filosofia e la pedagogia islamica – XIII. La trasformazione dell’ambiente urbano – XIV. I principi dell’architettura islamica e i problemi urbanistici contemporanei – Parte quarta. Interpreti occidentali della tradizione islamica – XV. Louis Massignon – XVI. Henry Corbin – XVII. Titus Burckhardt – Parte quinta. Postfazione – XVIII. Tendenze attuali e orientamenti del mondo islamico

Con una Nota editoriale su «Cultura tradizionale e anti-tradizione» di Lorenzo Casadei

Recensione

Formato: 13,5x21 cm, Pagine: 400, ISBN: 88-89466-07-3 Prezzo: € 25,00

Recensioni
L’Islam tradizionale nel mondo moderno

Il Padova del 25/03/2007

Dalla Prefazione alla prima edizione: «Il crescente interesse nei riguardi dell’Islam, manifestato negli ultimi anni da molti occidentali, invece che favorirne la conoscenza nei suoi molteplici aspetti, ha spesso creato una certa confusione che la passione suscitata dall’argomento e i vari interessi di parte hanno ulteriormente alimentato. Fino a qualche decennio fa i musulmani potevano lamentarsi unicamente delle deformazioni presenti negli studi di orientalisti e islamisti, o della scarsa attenzione da parte occidentale per tutto ciò che era Islam. Oggi, grazie al sincero tentativo di alcuni musulmani di riaffermare il carattere originario della propria tradizione e di preservarla, ma anche, sfortunatamente, in seguito alle sgradevoli strumentalizzazioni dell’Islam da parte di varie forze politiche, quest’indifferenza è sicuramente diminuita. Tuttavia, nuovi fraintendimenti sono andati ad aggiungersi a quelli “classici” degli orientalisti.
Una notevole quantità di articoli scritti in nome dell’approfondimento scientifico (o che si presentano come tali) sono ormai disponibili; esiste una lettura di sinistra, spesso esplicitamente marxista, che dalla sfera propriamente comunista si è diffusa in Occidente e anche in alcune aree del mondo islamico; c’è poi il sedicente risveglio islamico detto “fondamentalista” che è oggetto di molta attenzione mediatica in tutta Europa, giocando un ruolo non trascurabile, sia a parole che nei fatti, nella formazione dell’immagine dell’Islam in Occidente.
Come risultato di queste e altre interpretazioni contemporanee, il compito di comprendere l’Islam così com’è stato vissuto e conosciuto tradizionalmente attraverso i secoli diventa sempre più arduo. C’è chi ne dà un’interpretazione marcatamente occidentale, chi una modernista e chi si occupa dell’ ampio spettro di fenomeni che di solito vanno sotto il nome di fondamentalismo. Ma quanti parlano dell’Islam tradizionale che, nel corso di quattordici secoli di storia, è stato rappresentato da teologi e giuristi, filosofi e scienziati, artisti e poeti, sufi e semplici fedeli? L’Islam che, di fatto, ancora oggi, rappresenta la maggioranza dei musulmani, dall’Atlantico al Pacifico?
È per colmare questa lacuna, per chiarire cos’è l’Islam autentico, che questo libro, come del resto anche tutti gli altri nostri lavori, è stato scritto. Quasi ogni giorno sorge qualche nuova questione sulla quale è richiesto il punto di vista islamico. Generalmente, la risposta è data in senso moderni sta o “fondamentalista” da chi, solo perché islamico, pensa di avere le credenziali per farlo, oppure in chiave accademica da qualche islamista occidentale che, a dire il vero, a volte lo fa in modo più equilibrato, proprio perché non è personalmente coinvolto nei conflitti intellettuali che agitano il mondo musulmano. In ogni occasione in cui ci è stato possibile, noi abbiamo cercato di fornire il nostro modesto contributo ad una migliore conoscenza dell’Islam in Occidente presentando il punto di vista tradizionale.
In alcuni dei nostri libri precedenti, specialmente in Islam and the Plight of Modern Man e in Islamic Life and Thought ,abbiamo già presentato degli studi su numerosi aspetti dell’Islam tradizionale di fronte al mondo moderno. In questo libro continuiamo a farlo concentrandoci maggiormente sul contrasto tra l’Islam tradizionale, il suo revival e le manifestazioni “fondamentaliste” caratteristiche dell’epoca contemporanea; a tal fine abbiamo preso in considerazione alcune istanze particolarmente significative per il mondo musulmano stesso e per la sua comprensione da parte dell’Occidente, a cominciare dallo studio della natura dell’Islam tradizionale propriamente detto contenuto nel Prologo.
La prima parte del libro si occupa degli aspetti di base della tradizione islamica attualmente più dibattuti, a cominciare dal significato di jihad, un termine ormai entrato nel lessico occidentale ma ampiamente frainteso e spesso intenzionalmente interpretato negativamente. Poi si passa allo studio dell’etica del lavoro così com’è descritta nelle fonti tradizionali e vissuta all’interno delle società tradizionali; distinguendo tra i due piani, cerchiamo di sottolinearne la validità permanente. Nel saggio successivo l’attenzione è volta all’ostica questione della relazione tra maschile e femminile, studiata sia nella sua dimensione profonda che nei suoi risvolti sociali. Senza arrenderci ai clichés correnti ma accettando la sfida posta all’Islam circa il ruolo e la posizione delle donne, abbiamo cercato di fornire una conoscenza delle basi metafisiche e psicologiche della relazione uomo/donna sulla quale, secondo la concezione islamica, si reggono tutte le relazioni sociali. Alla fine della prima parte, cerchiamo di chiarire cos’è lo Sciismo sviluppatosi nella Persia safavide come religione di Stato, al fine di fornire il bagaglio culturale necessario ad un approfondimento teologico e storico. Ciò è indispensabile per capire il ruolo dello Sciismo nell’Islam di oggi e nell’intero Medio Oriente.
La seconda parte entra direttamente nel merito del confronto tra l’Islam tradizionale e il modernismo, a cominciare da uno studio generale sull’Islam nel mondo musulmano contemporaneo e sui differenti rapporti esistenti tra le diverse forze e correnti che lo attraversano: tradizionali, “fondamentaliste” e moderniste. Seguono alcune riflessioni sulla relazione tra gli aspetti intellettuali dell’Islam tradizionale e il pensiero moderno, e sull’impatto che ha la tradizione sulla vita intellettuale dei musulmani d’oggi. A conclusione un capitolo è dedicato a un’istanza centrale nella lotta tra le varie forze intestine dell’Islam: il significato dello “sviluppo” nel contesto dei valori islamici.
La terza parte, la più lunga, è volta allo studio delle tensioni presenti, in diversi contesti culturali, tra l’Islam tradizionale e il modernismo. Ci occupiamo principalmente della formazione culturale, tema capitale in molti paesi islamici e in particolare della filosofia, il cui insegnamento, di importanza cruciale, riflette il conflitto tra modernismo e tradizione. Infine, parliamo di architettura e urbanistica, due discipline strettamente correlate che sono oggetto di uno scontro e di un dibattito appassionato nel mondo islamico, e che hanno un grande impatto religioso e culturale sulla vita dell’intera comunità.
La parte finale di questo libro è dedicata a tre interpreti occidentali eccezionali dal punto di vista del loro contributo agli studi sull’Islam; il primo è un cattolico [Louis Massignon], il secondo un protestante [Henry Corbin] e il terzo un musulmano [Titus Burckhardt]. Questa parte, oltre a cercare di sottolineare il valore dell’opera di questi studiosi, punta a dimostrare che l’Islam tradizionale, contrariamente al modernismo e al “fondamentalismo”, giudica gli studi occidentali in base a criteri oggettivi e non etno-geografici. Infatti, la prospettiva tradizionale, pur rimanendo critica verso le deformazioni contenute negli studi degli orientalisti, non si permette asserzioni offensive solo per il fatto che l’autore preso in considerazione è un occidentale; tanto meno loda, gravata da qualche complesso di inferiorità, uno studio sull’Islam semplicemente perché scritto in una qualsiasi lingua occidentale o perché usa tutto il classico armamentario della ricerca universitaria moderna. Questi saggi sperano di chiarire cosa la ricerca occidentale sull’Islam potrebbe fare per favorirne una migliore comprensione, basata su empatia e affetto, senza che vengano compromessi il rigore della ricerca né (ciò che è ancora più importante) sminuito quanto è dovuto al vero.
Benché il futuro, in una prospettiva islamica, appartenga a Dio e Lui solo ne abbia piena conoscenza, c’è oggi un tale interesse verso l’avvenire del mondo islamico e per le varie proiezioni possibili a partire dall’osservazione delle tendenze attuali, che abbiamo dato spazio anche a questo argomento scottante. L’ultimo saggio, infatti, si occupa delle tendenze attuali nel mondo musulmano e di come queste potranno svilupparsi nell’immediato futuro. Abbiamo scritto tutto questo nella piena consapevolezza che tutto lo scibile umano è incapace di prevedere i precisi momenti e i modi in cui la volontà di Dio si manifesta nella Storia. Bisogna dunque avere l’accortezza di riconoscere che di queste cose Dio è il più sapiente. […] Speriamo che questa raccolta di saggi contribuisca ad una migliore conoscenza in Occidente dell’Islam tradizionale e anche che possa renderne gli insegnamenti più facilmente accessibili a quei musulmani che, per educazione e formazione, li troverebbero troppo ostici se espressi con un linguaggio tradizionale. Ogni passo verso una migliore comprensione dell’Islam e dell’Occidente non può che essere di reciproco giovamento per entrambi i mondi, i cui destini sono intimamente correlati, in modi forse non sempre evidenti ma che abbracciano la vita spirituale, artistica e intellettuale, così come la politica e l’economia, vale a dire tutto quello che costituisce il tessuto stesso della vita interiore e della storia umana che si dipana nel tempo e nello spazio».
Una Nota editoriale su «Cultura tradizionale e anti-tradizione» opportunamente puntualizza, a conclusione del volume ed a mo’ di postfazione, il significato e la collocazione dell’opera di Nasr rispetto alle più appariscenti correnti dell’odierno fondamentalismo islamico, colto nei suoi aspetti anti-tradizionali, e ne registra i limiti di consonanza con le individualità che in Occidente hanno operato nel corso degli ultimi cento anni per una reviviscenza del pensiero tradizionale. Essa va segnalata perché esplicita aspetti forse non immediatamente recepibili dal lettore attraverso la lettura di questo singolo volume e ne favorisce l’inquadramento in un contesto più complesso.
Al di là di qualsiasi valutazione critica, favorevole o sfavorevole, si pone una domanda all’Editore: perché non facilitare l’approccio del lettore ad un’opera non priva di asperità, completandola mediante la modesta fatica richiesta dalla compilazione di un indice dei nomi?

Da Archiviostorico

IL LIBRO – Scritto da uno dei più noti studiosi islamici, questo libro dà una chiave di lettura dell’Islam contemporaneo dal punto di vista tradizionale che merita d’esser meditata da tutti coloro che si interessano alla questione islamica. Il volume, che spazia dalla politica all’urbanistica, dalla pedagogia alla gnosi, offre infatti un inedito angolo visuale secondo il quale il fondamentalismo appare come l’altra faccia del modernismo.

 

DAL TESTO – “La tradizione è […] come un albero le cui radici affondano, attraverso la rivelazione, nella Natura divina da cui proviene la linfa che, nei secoli, ne ha alimentato il tronco e i rami. Nel cuore dell’albero della tradizione abita la religione. La sua linfa è la grazia ovvero la barakah che, originata con la rivelazione, rende possibile la vita dell’albero. La tradizione implica il sacro, l’eterno, la verità immutabile, la saggezza perenne e l’applicazione continua dei principi immutabili alle mutevoli condizioni di spazio e tempo. La vita terrena di una rivelazione può esaurirsi. Anche le civiltà tradizionali infatti decadono ma normalmente questa decadenza, come pure la presenza di scuole di pensiero in contrasto tra loro, resta nell’ambito della tradizione. Ciò che invece è direttamente opposto alla tradizione è la contro-tradizione […] e, naturalmente, il modernismo, senza la cui esistenza non ci sarebbe bisogno del termine tradizione. Se i tradizionalisti insistono su questa opposizione assoluta tra tradizione e modernismo è precisamente perché la vera natura del modernismo crea nel campo della religione e della metafisica un’immagine sfocata all’interno della quale una mezza verità appare come verità e di conseguenza l’integrità della tradizione viene compromessa”.

Lo Specchio del Gesto

Specchio del GestoAnanda Coomaraswamy

Abhinaya Darpana di Nandikesvara

Il breve compendio noto come Lo specchio del Gesto (o della coreutica) nella versione di Ananda Coomaraswamy realizzata in collaborazione con Gopala Kristnayya Duggirala.

 

 

Il linguaggio dei gesti, dei piedi, del volto e delle mani sono svelati nel classico, Abhinaya Darpana di Nandikesvara, che viene fatto risalire ad un’epoca anteriore al XIII secolo d. C.
Questo libro è la traduzione di un antico trattato indù sull’arte del teatro e della danza (l’uno e l’altro sono denominati in sanscrito con la stessa parola, natya); qui si tratta, naturalmente, di un’arte rigorosamente tradizionale, la cui origine è riferita a Brahma stesso e situata all’inizio del Treta-Yuga. In essa tutto ha un significato preciso, e di conseguenza nulla può essere demandato alla fantasia individuale; i gesti (sopratutto i mudra, o segni formati dalle posizioni delle mani) costituiscono un vero linguaggio ieratico, che del resto si ritrova in tutta l’iconografia indù.
                                                                                              René Guénon
(Estratto dalla recensione dell’edizione americana di The Mirror of Gesture apparsa su Le Voile d’Isis nel 1936)

Traduzione di Marianna Biadene

Formato: 13,5x21 cm, Pagine: 176, illustrato, ISBN: 88-89466-34-6 Prezzo: € 16,00

Recensioni L’altra guerra del Kosovo

Recensione Massimo Cacciari

Sole 24 Ore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Manifesto

Appello: Salvare i monasteri per salvare la multietnicità

Dal monastero di Decani: «Chi ci protegge? Le chiese, l’arte, la storia e l’intera cultura ortodossa sono ormai a rischio» di T. D. F.

Una folla assalta e incendia il monastero ortodosso di S. Elia a Podujevo, poi tutti applaudono. Sono le immagini feroci del 17 marzo 2004 quando si scatenò la furia della contropulizia etnica albanese contro i pochi serbi rimasti in Kosovo che aveva preso inizio nel giugno del 1999 appena erano entrati i primi soldati della Nato. Nel marzo 2004 vennero uccise 19 persone e distrutti 35 tra chiese e monasteri, in soli tre giorni.
«Non c’è futuro»
E’ l’inizio del prezioso documentario «Enclave Kosovo» della regista Elisabetta Valgiusti della campagna “Salvaimonasteri” (www.salvaimonasteri.org) uscito solo due anni fa. Impietosa, la macchina da ripresa raggiunge i profughi serbi nella palestra di Obilic dove vivono ancora adesso; a parlare è un bambino che ripete: «Voglio dire che noi non siamo al sicuro, io voglio tornare a casa». Da Kosovska Mitrovica, dove vive ancora adesso, parla il rappresentante Oliver Ivanovic: «Per noi non c’è futuro, la disoccupazione è al 65%, ci viene impedito ogni sbocco». Poi le immagini si attardano sulle macerie del monastero di Devic raso al suolo nel marzo 2004 e sulle mura annerite che hanno cancellato le volte affrescate della chiesa Madre di Dio di Ljeviska. «Ci hanno attaccato in tremila – racconta un testimone – allora siamo stati scortati nella sede parrocchiale dalla Kfor e loro hanno cominciato a buttare spugne imbevute di nafta, poteva essere una strage». Ecco il legame indissolubile tra presenza umana, quella della minoranza serba e insediamenti ortodossi. Senza monasteri, addio serbi. Solo la pittura, gli affreschi, l’architettura dei monasteri era il collegamento tra arte bizantina, arte romano gotica e area slava, tra oriente e occidente. Un anello mancante, ricordava nel documentario Massimo Cacciari.
Certo, l’amministrazione dell’Onu-Unmik ha pesanti responsabilità: in particolare con la gestione Kouchner il Kosovo è stato di fatto avviato verso una improbabile quanto illeggittima indipendenza, non contemplata nella risoluzione 1244 con cui l’Onu ha fatto propria la pace di Kumanovo del luglio 1999. Tranquilli però: ora il nostro contingente difende le enclave serbe. Ma non erano i «nemici»? Indimenticabili le parole del colonnello Castellano, che comandava nel marzo 2004 i paracadutisti italiani della zona «I serbi non hanno possibilità di movimento, nemmeno tra una enclave e l’altra». Ora il Kosovo è un mostro giuridico, un protettorato militare all’infinito, zona franca delle mafie internazionali, pronto all’indipendenza, cavalcata sia dagli Stati uniti sia da buona parte della comunità internazionale come conclusione etnica della «guerra umanitaria».
Il fatto è che tutti hanno taciuto perchè in Kosovo «è sempre stato marzo ed è durato per tutti gli anni di amministrazione Unmik», ha spesso ricordato Ennio Remondino. Non c’è solo da restaurare. I monasteri di Decani, Gracanica e Pec ancora non sono stati distrutti. La salvaguardia della loro integrità, non come difesa delle radici cristiane d’Europa – vogliamo forse un’altra guerra di religione, «umanitaria», stavolta contro i cattivi di turno, gli improbabili musulmani albanesi? -, ma come difesa degli insediamenti umani multietnici, può essere un obiettivo nuovo, se esiste tanta coscienza diffusa del disastro provocato dalla Nato che poteva essere evitato.
Una soluzione monoetnica?
A partire dal giudizio sul voto referendario costituzionale di oggi e domani indetto da Belgrado, dopo il sì del parlamento, per confermare, contro le intenzioni della comunità internazionale che vuole la regione indipendente in chiave monoetnica, che «il Kosovo è parte irrinnciabile della Serbia». E al quale la maggior parte dei serbi, cacciati dal Kosovo, parteciperà e che invece Pristina e Washington vedono già come «inizio» di un nuovo conflitto con Belgrado, dove però non c’è più l’odiato Milosevic, ma i leader moderati Kostunica e Tadic. Da monastero di Decani arriva in questi giorni l’appello-allarme di padre Teodosjie: «Rischiamo la distruzione di tutta la storia ortodossa». Come l’allarme di Padre Sava contenuto nel libro curato da Luana Zanella, «L’altra guerra del Kosovo» (ed. CasadeiLibri 2005)che, alla domanda su come vivano i serbi ora in Kosovo rispondeva: «Sono un popolo esposto alla distruzione, sia fisica, che spirituale. A rischio estinzione. La nostra tragedia continuerà finché la comunità internazionale tollererà la violenza etnica e la costruzione di una società albanese monoetnica».

gazzettino

Il Gazzettino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Archiviostorico.info

Sullo sfondo di un conflitto secolare ancora drammaticamente irrisolto nel cuore dell’Europa, in quei Balcani che per caratteristiche geografiche, culturali e religiose sono sempre stati “terra di passaggio”, di scambio, di incontro e scontro tra Oriente e Occidente, questo pregevole saggio, a più voci, affronta il tema, cruciale per la cultura europea, della salvaguardia del patrimonio storico, architettonico, monumentale serbo ortodosso, in Kosovo, a rischio di distruzione, nonostante la presenza della forza multinazionale “di pace” in quell’area dove la popolazione serba vive nelle enclaves e la convivenza con gli albanesi sembra ancora una chimera.
Il volume offre uno sguardo d’insieme sull’arte grandiosa di questo Paese, sulle sue chiese e i suoi monasteri, centri culturali, religiosi, ma anche politici e simbolici, per conoscere ciò che abbiamo irrimediabilmente perduto e ciò che è ancora possibile, e indispensabile, salvare.
Luana Zanella introduce e cura la pubblicazione. Deputata, attenta e impegnata anche attraverso specifiche missioni sul fronte delle aree interessate dalle guerre contemporanee, ha promosso iniziative parlamentari e politico-culturali (con il filosofo e sindaco di Venezia Massimo Cacciari, in collaborazione con l’Associazione “Salva i Monasteri”) per far conoscere il patrimonio artistico, storico e religioso della cristianità serbo-ortodossa in Kosovo, e promuovere nel dopoguerra, a fronte dell’avvenuta distruzione, la salvaguardia di testimonianze di altissimo valore, e spingere lo Stato italiano ad assumere adeguata responsabilità.
Nel testo, sono raccolti saggi di: Alessandro Bianchi, storico dell’Arte, direttore dell’Istituto centrale per il restauro, Ministero per i beni e le attività culturali; Andrea Catone, scrittore, insegnante, ricercatore, presidente dell’associazione “Un ponte per Belgrado in terra di Bari”, attento osservatore degli sviluppi e contraddizioni dell’attuale dopoguerra in Kosovo e nei Balcani; Rosa D’Amico, storica dell’arte della Soprintendenza per il patrimonio storico-artistico ed etnoantropologico di Bologna, da anni si dedica allo scambio culturale con la Serbia. Di grande significato la mostra da lei organizzata “Tra le due sponde dell’Adriatico. La pittura nella Serbia del XIII secolo e l’Italia”, presentata a Bologna, Ferrara, Bari e Venezia, tra il 1999 e il 2000, per porre il problema della tutela dei beni artistici in tempo di guerra. Numerose pubblicazioni sul Medioevo serbo e i grandi cicli dei monasteri del 1200; Renato D’Antiga, autore di molti testi sulla tradizione greco-ortodossa, tra cui “Gregorio Palamas e l’Esicasmo”, “Luci dal Monte Athos” e “Guida alla Venezia Bizantina”, propone qui una sintesi della storia della chiesa serbo-ortodossa in Kosovo; Tommaso Di Francesco, poeta, scrittore e giornalista, più volte inviato nei Balcani, è caporedattore del quotidiano “il manfesto”; Valentino Pace, docente dell’Università degli studi di Udine, esperto di arte medievale italiana e bizantina, con incarichi presso varie università italiane e straniere. Membro dell’Accademia di scienze e lettere di Oslo. Ha pubblicato “Campania romanica” (Milano, 1997), “Arte a Roma nel Medioevo” (Napoli, 2000); Daniele Senzanonna, ricercatore.
“Questo libro collettivo curato da Luana Zanella – si legge nella Prefazione di Massimo Cacciari – è molto più che un documento sugli attuali conflitti che insanguinano il Kosovo, nel contesto della grande, nuova crisi balcanica, di fronte a cui la costruzione politica europea ha dimostrato tutta la sua debolezza. Esso aiuta a capire tutta la storia della Regione, e non solo sotto il profilo politico, ma anche e soprattutto culturale, artistico e spirituale. Esso aiuta a capire la ‘profondità’ delle recenti tragedie, come la loro radice, debba essere cercata indietro nel tempo, negli strati che potevano apparire sommersi dell’anima di quei popoli. Nessuna facile ‘rimozione’ di tali motivi potrà mai produrre accordi, e tanto meno una pace duratura. E’ necessario, anche in questo caso, per così dire, guardare in faccia tutto l’inferno della storia, le sue immense catastrofi, gli odi che la percorrono, le sofferenze che produce. Soltanto risalendo da tale inferno si potrà sperare di giungere a rivedere la luce”.

 

 

L’altra guerra del Kosovo

L'altra guerra del KosovoIl patrimonio della cristianità serbo-ortodossa da salvare

A cura di Luana Zanella
Sullo sfondo di un conflitto secolare ancora drammaticamente irrisolto nel cuore dell’Europa, in quei Balcani che per caratteristiche geografiche, culturali e religiose sono sempre stati “terra di passaggio”, di scambio, di incontro e scontro tra Oriente ed Occidente, un testo, a più voci, che affronta il tema, cruciale per la cultura europea, della salvaguardia del patrimonio storico, architettonico, monumentale serbo ortodosso, in Kosovo, a rischio di distruzione, nonostante la presenza delle forze multinazionalidi pace in quell’area dove la popolazione serba vive nelleenclaves e la convivenza con la maggioranza albanese sembra ancora una chimera.
Uno sguardo sull’arte grandiosa di questo paese, sulle sue chiese e i suoi monasteri, centri culturali, religiosi, ma anche politici e simbolici, per conoscere ciò che abbiamo perduto e ciò che è ancora possibile, e indispensabile, salvare.

Prefazione di Massimo Cacciari

Testi:

Alessandro Bianchi, L’Istituto centrale per il restauro in Kosovo e nell’ex Jugoslavia.

Andrea Catone, Il Kosovo sotto “protettorato” UNIMIK un etnocidio annunciato.

Rosa D’Amico, Sul Crinale tra Occidente e Oriente, l’arte della Serbia del ‘200 come ponte tra culture.

Renato D’Antiga, Stato e Chiesa nella Serbia medioevale.

Tommaso Di Francesco, Voci del Kosovo.

Valentino Pace, Chiese e monasteri in Kosovo, una testimonianza della civilità cristiana in pericolo.

Daniele Senzadonna, Serbi e albanesi in una terra senza stato.

Luana Zanella, Tre giorni in Kosovo.

Recensioni

Formato: 13,5 x 21 cm., Pagine: 264 Illustrato con un sedicesimo a colori, ISBN: 88-89466-07-3 Prezzo: € 21,00