Recensioni L’altra guerra del Kosovo

Recensione Massimo Cacciari

Sole 24 Ore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Manifesto

Appello: Salvare i monasteri per salvare la multietnicità

Dal monastero di Decani: «Chi ci protegge? Le chiese, l’arte, la storia e l’intera cultura ortodossa sono ormai a rischio» di T. D. F.

Una folla assalta e incendia il monastero ortodosso di S. Elia a Podujevo, poi tutti applaudono. Sono le immagini feroci del 17 marzo 2004 quando si scatenò la furia della contropulizia etnica albanese contro i pochi serbi rimasti in Kosovo che aveva preso inizio nel giugno del 1999 appena erano entrati i primi soldati della Nato. Nel marzo 2004 vennero uccise 19 persone e distrutti 35 tra chiese e monasteri, in soli tre giorni.
«Non c’è futuro»
E’ l’inizio del prezioso documentario «Enclave Kosovo» della regista Elisabetta Valgiusti della campagna “Salvaimonasteri” (www.salvaimonasteri.org) uscito solo due anni fa. Impietosa, la macchina da ripresa raggiunge i profughi serbi nella palestra di Obilic dove vivono ancora adesso; a parlare è un bambino che ripete: «Voglio dire che noi non siamo al sicuro, io voglio tornare a casa». Da Kosovska Mitrovica, dove vive ancora adesso, parla il rappresentante Oliver Ivanovic: «Per noi non c’è futuro, la disoccupazione è al 65%, ci viene impedito ogni sbocco». Poi le immagini si attardano sulle macerie del monastero di Devic raso al suolo nel marzo 2004 e sulle mura annerite che hanno cancellato le volte affrescate della chiesa Madre di Dio di Ljeviska. «Ci hanno attaccato in tremila – racconta un testimone – allora siamo stati scortati nella sede parrocchiale dalla Kfor e loro hanno cominciato a buttare spugne imbevute di nafta, poteva essere una strage». Ecco il legame indissolubile tra presenza umana, quella della minoranza serba e insediamenti ortodossi. Senza monasteri, addio serbi. Solo la pittura, gli affreschi, l’architettura dei monasteri era il collegamento tra arte bizantina, arte romano gotica e area slava, tra oriente e occidente. Un anello mancante, ricordava nel documentario Massimo Cacciari.
Certo, l’amministrazione dell’Onu-Unmik ha pesanti responsabilità: in particolare con la gestione Kouchner il Kosovo è stato di fatto avviato verso una improbabile quanto illeggittima indipendenza, non contemplata nella risoluzione 1244 con cui l’Onu ha fatto propria la pace di Kumanovo del luglio 1999. Tranquilli però: ora il nostro contingente difende le enclave serbe. Ma non erano i «nemici»? Indimenticabili le parole del colonnello Castellano, che comandava nel marzo 2004 i paracadutisti italiani della zona «I serbi non hanno possibilità di movimento, nemmeno tra una enclave e l’altra». Ora il Kosovo è un mostro giuridico, un protettorato militare all’infinito, zona franca delle mafie internazionali, pronto all’indipendenza, cavalcata sia dagli Stati uniti sia da buona parte della comunità internazionale come conclusione etnica della «guerra umanitaria».
Il fatto è che tutti hanno taciuto perchè in Kosovo «è sempre stato marzo ed è durato per tutti gli anni di amministrazione Unmik», ha spesso ricordato Ennio Remondino. Non c’è solo da restaurare. I monasteri di Decani, Gracanica e Pec ancora non sono stati distrutti. La salvaguardia della loro integrità, non come difesa delle radici cristiane d’Europa – vogliamo forse un’altra guerra di religione, «umanitaria», stavolta contro i cattivi di turno, gli improbabili musulmani albanesi? -, ma come difesa degli insediamenti umani multietnici, può essere un obiettivo nuovo, se esiste tanta coscienza diffusa del disastro provocato dalla Nato che poteva essere evitato.
Una soluzione monoetnica?
A partire dal giudizio sul voto referendario costituzionale di oggi e domani indetto da Belgrado, dopo il sì del parlamento, per confermare, contro le intenzioni della comunità internazionale che vuole la regione indipendente in chiave monoetnica, che «il Kosovo è parte irrinnciabile della Serbia». E al quale la maggior parte dei serbi, cacciati dal Kosovo, parteciperà e che invece Pristina e Washington vedono già come «inizio» di un nuovo conflitto con Belgrado, dove però non c’è più l’odiato Milosevic, ma i leader moderati Kostunica e Tadic. Da monastero di Decani arriva in questi giorni l’appello-allarme di padre Teodosjie: «Rischiamo la distruzione di tutta la storia ortodossa». Come l’allarme di Padre Sava contenuto nel libro curato da Luana Zanella, «L’altra guerra del Kosovo» (ed. CasadeiLibri 2005)che, alla domanda su come vivano i serbi ora in Kosovo rispondeva: «Sono un popolo esposto alla distruzione, sia fisica, che spirituale. A rischio estinzione. La nostra tragedia continuerà finché la comunità internazionale tollererà la violenza etnica e la costruzione di una società albanese monoetnica».

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Il Gazzettino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Archiviostorico.info

Sullo sfondo di un conflitto secolare ancora drammaticamente irrisolto nel cuore dell’Europa, in quei Balcani che per caratteristiche geografiche, culturali e religiose sono sempre stati “terra di passaggio”, di scambio, di incontro e scontro tra Oriente e Occidente, questo pregevole saggio, a più voci, affronta il tema, cruciale per la cultura europea, della salvaguardia del patrimonio storico, architettonico, monumentale serbo ortodosso, in Kosovo, a rischio di distruzione, nonostante la presenza della forza multinazionale “di pace” in quell’area dove la popolazione serba vive nelle enclaves e la convivenza con gli albanesi sembra ancora una chimera.
Il volume offre uno sguardo d’insieme sull’arte grandiosa di questo Paese, sulle sue chiese e i suoi monasteri, centri culturali, religiosi, ma anche politici e simbolici, per conoscere ciò che abbiamo irrimediabilmente perduto e ciò che è ancora possibile, e indispensabile, salvare.
Luana Zanella introduce e cura la pubblicazione. Deputata, attenta e impegnata anche attraverso specifiche missioni sul fronte delle aree interessate dalle guerre contemporanee, ha promosso iniziative parlamentari e politico-culturali (con il filosofo e sindaco di Venezia Massimo Cacciari, in collaborazione con l’Associazione “Salva i Monasteri”) per far conoscere il patrimonio artistico, storico e religioso della cristianità serbo-ortodossa in Kosovo, e promuovere nel dopoguerra, a fronte dell’avvenuta distruzione, la salvaguardia di testimonianze di altissimo valore, e spingere lo Stato italiano ad assumere adeguata responsabilità.
Nel testo, sono raccolti saggi di: Alessandro Bianchi, storico dell’Arte, direttore dell’Istituto centrale per il restauro, Ministero per i beni e le attività culturali; Andrea Catone, scrittore, insegnante, ricercatore, presidente dell’associazione “Un ponte per Belgrado in terra di Bari”, attento osservatore degli sviluppi e contraddizioni dell’attuale dopoguerra in Kosovo e nei Balcani; Rosa D’Amico, storica dell’arte della Soprintendenza per il patrimonio storico-artistico ed etnoantropologico di Bologna, da anni si dedica allo scambio culturale con la Serbia. Di grande significato la mostra da lei organizzata “Tra le due sponde dell’Adriatico. La pittura nella Serbia del XIII secolo e l’Italia”, presentata a Bologna, Ferrara, Bari e Venezia, tra il 1999 e il 2000, per porre il problema della tutela dei beni artistici in tempo di guerra. Numerose pubblicazioni sul Medioevo serbo e i grandi cicli dei monasteri del 1200; Renato D’Antiga, autore di molti testi sulla tradizione greco-ortodossa, tra cui “Gregorio Palamas e l’Esicasmo”, “Luci dal Monte Athos” e “Guida alla Venezia Bizantina”, propone qui una sintesi della storia della chiesa serbo-ortodossa in Kosovo; Tommaso Di Francesco, poeta, scrittore e giornalista, più volte inviato nei Balcani, è caporedattore del quotidiano “il manfesto”; Valentino Pace, docente dell’Università degli studi di Udine, esperto di arte medievale italiana e bizantina, con incarichi presso varie università italiane e straniere. Membro dell’Accademia di scienze e lettere di Oslo. Ha pubblicato “Campania romanica” (Milano, 1997), “Arte a Roma nel Medioevo” (Napoli, 2000); Daniele Senzanonna, ricercatore.
“Questo libro collettivo curato da Luana Zanella – si legge nella Prefazione di Massimo Cacciari – è molto più che un documento sugli attuali conflitti che insanguinano il Kosovo, nel contesto della grande, nuova crisi balcanica, di fronte a cui la costruzione politica europea ha dimostrato tutta la sua debolezza. Esso aiuta a capire tutta la storia della Regione, e non solo sotto il profilo politico, ma anche e soprattutto culturale, artistico e spirituale. Esso aiuta a capire la ‘profondità’ delle recenti tragedie, come la loro radice, debba essere cercata indietro nel tempo, negli strati che potevano apparire sommersi dell’anima di quei popoli. Nessuna facile ‘rimozione’ di tali motivi potrà mai produrre accordi, e tanto meno una pace duratura. E’ necessario, anche in questo caso, per così dire, guardare in faccia tutto l’inferno della storia, le sue immense catastrofi, gli odi che la percorrono, le sofferenze che produce. Soltanto risalendo da tale inferno si potrà sperare di giungere a rivedere la luce”.

 

 

L’altra guerra del Kosovo

L'altra guerra del KosovoIl patrimonio della cristianità serbo-ortodossa da salvare

A cura di Luana Zanella
Sullo sfondo di un conflitto secolare ancora drammaticamente irrisolto nel cuore dell’Europa, in quei Balcani che per caratteristiche geografiche, culturali e religiose sono sempre stati “terra di passaggio”, di scambio, di incontro e scontro tra Oriente ed Occidente, un testo, a più voci, che affronta il tema, cruciale per la cultura europea, della salvaguardia del patrimonio storico, architettonico, monumentale serbo ortodosso, in Kosovo, a rischio di distruzione, nonostante la presenza delle forze multinazionalidi pace in quell’area dove la popolazione serba vive nelleenclaves e la convivenza con la maggioranza albanese sembra ancora una chimera.
Uno sguardo sull’arte grandiosa di questo paese, sulle sue chiese e i suoi monasteri, centri culturali, religiosi, ma anche politici e simbolici, per conoscere ciò che abbiamo perduto e ciò che è ancora possibile, e indispensabile, salvare.

Prefazione di Massimo Cacciari

Testi:

Alessandro Bianchi, L’Istituto centrale per il restauro in Kosovo e nell’ex Jugoslavia.

Andrea Catone, Il Kosovo sotto “protettorato” UNIMIK un etnocidio annunciato.

Rosa D’Amico, Sul Crinale tra Occidente e Oriente, l’arte della Serbia del ‘200 come ponte tra culture.

Renato D’Antiga, Stato e Chiesa nella Serbia medioevale.

Tommaso Di Francesco, Voci del Kosovo.

Valentino Pace, Chiese e monasteri in Kosovo, una testimonianza della civilità cristiana in pericolo.

Daniele Senzadonna, Serbi e albanesi in una terra senza stato.

Luana Zanella, Tre giorni in Kosovo.

Recensioni

Formato: 13,5 x 21 cm., Pagine: 264 Illustrato con un sedicesimo a colori, ISBN: 88-89466-07-3 Prezzo: € 21,00