Recensioni Corpo eretico

Il Messaggero del 7/06/2008

Il corpo eretico, un libro sul fondatore del butoh
di Donatella Bertozzi

Dedicato al butoh e al più misterioso dei suoi padri fondatori, Tatsumi Hijikata, esce in questi giorni presso l’editore CasadeiLibri un testo prezioso, Il corpo eretico, curato da Maria Pia D’Orazi, la nostra maggiore studiosa del fenomeno butoh (già autrice di un volume su Kazuo Ono). Hijikata, scomparso a soli cinquantotto anni nel 1986, fu un danzatore costantemente in rivolta, osceno e provocatore, ispirato da Genet e Artaud, ma anche marito e padre di due figlie che lo ricordano come un genitore presente e affettuoso.
Il testo della D’Orazi, pensato in un primo momento come sintetico libretto di accompagnamento ad un ampio documentario sul butoh da lei girato in Giappone circa dieci anni fa (allegato al volume in formato DVD) è una densa indagine sulla vita, il pensiero e l’opera di Hijikata (la prima di questo spessore in italiano) oltre che una raccolta preziosa di testimonianze – per la prima volta disponibili nella nostra lingua – rese da personalità vicine allo stesso Hijikata e da numerosi artisti del butoh.
Una delle testimonianze più ampie è quella di Akira Kasai, che vi condensa anche gran parte della sua personale e originale filosofia. Una selezionata bibliografia contribuisce a fare del testo un’ottima risorsa per studenti, studiosi e appassionati.

 

Il Riformista del 9/08/2008

Il corpo eretico in Giappone
di Anna Mazzone

Non possiamo non pensare a Nietzche e ad Heidegger, al loro senso di “abitare poeticamente il mondo” mentre scorrono le immagini del dvd di Maria Pia D’Orazi allegato a “Il Corpo eretico”, omaggio alle opere e all’anarchia rivoluzionaria (o forse sarebbe meglio dire ri-evoluzionaria) del grande maestro della danza But, Tatsumi Hijikata, fonte di ispirazione di tutta l’avanguardia del teatro giapponese. “Il Corpo eretico” coniuga insieme parole e immagini documentaristiche che ricostruiscono il progetto artistico di Hijikata e lo attualizzano, in un’epoca che ha fatto del corpo la sua ossessione, nel bene e nel male. Proprio su questi termini, all’alternanza della luce e dell’ombra, sulle viscere oscure della terra sulle quali poggiano saldamente i piedi e sulla punta dlla testa, attraverso la quale siamo collegati direttamente al cielo, gioca l’intera ricerca dell’Ankoku But, la danza delle tenebre della quale Hijikata è stato indiscusso imperatore. La eco delle danze sufi alla quali ci ha assuefatto Gurdjieff si incarnano con lui nella più pura tradizione giapponese e la superano, per narrare in maniera sofferta la condizione del corpo nella società dei consumi e della cultura globale.

Il senso originale della danza But è movimento, inteso come vita, è qualcosa che emerge dal profondo. Una vera e propria ricerca spirituale che si materializza nella carne in movimento e che non ha bisogno di parole, ma vive di gesti, di spostamenti aerobici, di volti che si aprono e si chiudono a seconda di quello che vedono vivono. Per Hijikata, la danza But? “È un cadavere che si alza in piedi con un disperato desiderio di vita”, è la morte che viene sconfitta dalla resurrezione di Cristo che si fa uomo e incarna lo spirito più puro dell’intero universo, mettendo al centro la fisicità, quel corpo martoriato e avvolto dal senso del peccato, opprimente come un sudario, che la nostra società vive essenzialmente come uno strumento inferiore, ma non come Verità. Ecco perché “eretico”, perché è pura eresia quella espressa dalla danza anarchica di Hijikata e dalle movenze che tratteggiano sul palcoscenico un corpo totale, un’anima radicata nella carne, appunto, come un vero e proprio Cristo risorto.
L’esperienza è un fenomeno corporeo e Maria Pia D’Orazi la racconta come una giornalista attenta e come una danzatrice di tutta una vita. Con rigore e poesia, attraverso le pieghe sottili che ci traghettano dalla morte alla vita e viceversa, seguendo il principio dell’alchimia – come in alto così in basso e viceversa sia – ci si muove nel saggio “danzante” arricchito dalle splendide fotografie di Emilio D’Itri e Massimo Finzi, che fissano il movimento nello spazio, liberandolo e dilatandolo nel tempo e, dunque rendendolo profondamente e autenticamente eterno. Le immagini dei corpi nudi danzanti colpiscono gli occhi come icone sacre, davanti alle quali si prova un impulso irrefrenabile a inginocchiarsi, a pregare persino. È questa l’incredibile magia del But? che la D’Orazi riesce sapientemente ad afferrare e a trasmettere anche ai profani agli atei di questa incredibile rappresentazione ed esperienza artistica.

Il Foglio del 31 Maggio 2008

Foglio

 

 

 

Da Blue, marzo 2009

di Antonio Veneziani

Il corpo eretico è un libro sconvolgente. Un documento arturiano di enorme potenza. Crudele fino allo spasimo e dolce più del miele. Parole e foto si inseguono e si scontrano per confondersi poi in un progetto etico e antiepico, un progetto di insurrezione fisica, quello di Tatsumi Hijikata (1928-1986) fondatore e santone della danza buto.
La danza delle tenebre viene così raccontata e stigmatizzata dal suo mentore: «Tutto il potere della morale civilizzata, mano nella mano col sistema d’economia capitalista e le sue istituzioni politiche, si oppone ferocemente all’uso del corpo semplicemente come fine, mezzo e strumento di piacere.
In una società orientata sulla produzione, l’uso del corpo senza scopo, che io chiamo danza buto, è un nemico mortale che deve essere tabù».
Il corpo eretico è un inno alla spiritualità della carne e alla sua santificazione. Un’operazione oscena e violenta, e al tempo stesso pura e mite come lo fu la vita di Hijikata. Il corpo eretico non lascia indifferenti, lo si ama o lo si detesta. Resta comunque un documento con cui fare i conti.