Recensioni de L’Anello del Pescatore

Da Avvenire del 24/4/2010

Raspail e l’anello del pescatore anti-Dan Brown 
di Alessandro Zaccuri

L’avrete sentito dire anche voi, senz’altro. E magari l’avete pure pensato: «Il Codice Da Vinci è tutta un’invenzione, non ha nulla di storico. Però è un bel thriller». Non è vero. Il che non significa che la storia della Chiesa non sia materia adatta per un buon romanzo, magari con le dovute dosi di chiaroscuro. Detta la linea Dostoevskij con La leggenda del Grande Inquisitore, testo capitale la cui eco risuona a tratti anche ne L’Anello del Pescatore, il romanzo del francese Jean Raspail che CasadeiLibri propone ora nell’elegante traduzione di Francesco Maria Fonte Basso. Già conosciuto in Italia per libri come I nomadi del mare e Il Campo dei Santi, per­corsi da un’evidente polemica anti­moderna, Raspail appartiene alla schiera dei grandi irregolari tempratisi nelle controversie del Novecento (è nato nel 1925 a Chemillé-sur-Dê­me ed è stato a lungo esploratore e viaggiatore). Non nasconde di preferire la tradizione all’attualità e le sue convinzioni in materia religiosa non fanno eccezione, come dimostra questo romanzo giocato su una continua alternanza temporale tra XIV e XX secolo. Dal punto di vista della costruzione, L’Anello del Pescatore è un libro di robusta tenuta letteraria, in particolare nelle pagine dedicate al misterioso viandante che, nei primi anni Novanta, attraversa la Provenza portando con sé soltanto uno zaino logorato dal tempo. Il vecchio sembra non avere nome, anche se in segreto qualcuno continua a chiamarlo Benedetto. Prega in latino, come si faceva una volta. E forse è capace di compiere miracoli. La sua esistenza non è ignota in Vaticano, dove un drappello di ecclesiastici sta fa­cendo di tutto per rintracciarlo. In seguito a una concatenazione di eventi benissimo ipotizzata da Raspail, infatti, l’anziano vagabondo altri non sarebbe se non il successore di Pedro de Luna, ossia Benedetto XIII, il Papa avignonese che per tutta la vita continuò a rivendicare la legittimità della propria elezione, sfidando i Pontefici di nomina romana. L’Anello del Pescatore sfrutta con grande abilità le contraddizioni di una delle epoche più dolorose nella storia della Chiesa, è preciso nella documentazione (anche se talvolta capzioso nell’interpretazione) e sempre chiaro nell’indicare la prospettiva di un «meraviglioso cristiano» in cui la regalità del Papa suscita una fede disponibile al prodigio. Il colpo di scena, però, sta nel carattere positivo attribuito agli stessi uomini di Curia. Anziché darsi da fare per insabbiare la verità (preoccupazione principale delle stereotipate figurine alla Dan Brown), prelati e monsignori cercano in tutti i modi di portare a compimento il desiderio che nel romanzo viene attribuito a Giovanni Paolo II: chiudere una volta per tutte lo scisma d’Occidente, accogliendo in San Pietro il ramingo Benedetto. O le sue spoglie, almeno.
No, non è una profezia a posteriori. Raspail ha pubblicato L’Anello del Pescatore nel 1995, come atto d’amore verso la Chiesa al di là di ogni umano errore e di ogni stortura storica. Era quello che insegnava Papa Wojtyla, quello che il suo successore – Benedetto, anche lui – continua a ricordare anche in questi giorni di tempesta.

Da L’Alto Adige del 28/5/2010
di Sergio Costa

Capita, di tanto in tanto, di avere tra le mani un libro diverso da tutti quelli che si ha avuto l’occasione di sfogliare, un libro destinato a cambiare il nostro modo di vedere il mondo. E’ questo il caso de L’Anello del Pescatore . L’autore è Jean Raspail, viaggiatore e scrittore francese molto discusso per l’opera che nel 1973 decretò la sua fama, Il Campo dei Santi, e per le sue posizioni politiche (monarchico), moltissimi i suoi romanzi che meriterebbero d’essere conosciuti anche nel nostro Paese. Infatti, sfortunatamente ancora poco tradotto in Italia Raspail è destinato ad entrare nel Pantheon dei grandi della letteratura internazionale. In Francia è già considerato tale e tra i numerosi riconoscimenti nel 2003 ricevette il prestigioso “Grand Prix du Roman dell’Académie française” già assegnato in precedenza a Milan Kundera, e a Margarite Youcenar. Indubbiamente nessuna delle opere di Jean Raspail lascia il lettore indifferente, nel bene e nel male, ma L’anello del Pescatore, romanzo sconvolgente quanto avvincente, ha la forza di mettere in crisi molte delle nostre idee sulla storia, sulla religione, sul mondo ed è davvero singolare, dato il tema trattato (Storia della Chiesa) che nessun editore italiano avesse pensato prima ad un edizione italiana del volume pubblicato in Francia da Albin Michel.
Difficile riassumerne la trama che si snoda nell’arco di settecento anni alternando un presente raccontato al passato ad un passato che torna presente.
La narrazione inizia la vigilia di Natale del 1994 (o forse del 1983), un vecchio vagabondo con uno zaino in spalla è in cammino. Il suo nome è Benedetto. È l’ultimo, è stanco, è solo. I servizi segreti del Vaticano sono sulle sue tracce. Lui si trascina verso Roma, deve incontrare Woityla. Deve rivelargli quello che sa.
L’Anello del Pescatore racconta la storia di questo enigmatico viandante e dei suoi predecessori, uomini perseguitati e che sembrava “non avessero altra funzione sulla terra che quella di durare. Durare e trasmettere, durare per trasmettere.” Dal tempo dell’inizio: lo Scisma d’Occidente che divise l’Europa e prostrò la Chiesa, una storia di tenace resistenza, prima epica con Papa Luna, poi quasi leggendaria con l’antipapa “Robin Hood” Jean Carrier, infine quella dimessa e segreta, tra le montagne della Provenza dei loro tenaci successori. Benedetto è il loro nome che riecheggia dalla fine del Medioevo. Ridando loro voce, Jean Raspail costruisce un libro affascinante, che travalica i generi letterari. Chi, leggendo queste righe, immaginerà che L’anello del Pescatore sia solo una fiction alla Dan Brown, magari un po’ più elegante, resterà spiazzato.

Da Libero del 5/2/2010

I misteri vaticani prima di Dan Brown
di Simone Paglia

“Noi siamo stati perseguitati, una volta, ma per motivi che non avevano nulla a che fare né con la morale né con la legge. Questo accadeva molto tempo fa. Oggi siamo dimenticati.” Chi è il ramingo che pronuncia queste parole, vaga tra la Provenza e Aveyron e risponde al nome di Benedetto? Questua come un pellegrino ma assiste alla santa messa di nascosto, indossando abiti logori e portando uno zaino contenente l’insegna del Santo Padre?
Ne L’anello del pescatore , Appena pubblicato da CasadeiLibri pp. 322, euro 16) Jean Raspail racconta le ultime vicende di “alcuni uomini di fede che si trasmettono una fiaccola, una fiamma fragile e vacillante accesa seicentoquindici anni fa (siamo nel 1994 ndr)”.
Ne esce un romanzo di avventura che si legge di un fiato, ma soprattutto un racconto mistico sull’epilogo dell’Europa.
Il nome di Raspail in Italia non suona familiare. Qualche anno fa il Cavallo alato edizione di Ar ha mandato in stampa il racconto profetico Il Campo dei santi. Al cuore del libro, l’invasione di immigrati che si abbatte sull’Europa con l’avvallo delle sue classi dirigenti, delle associazioni missionarie e caritatevoli. A fronteggiare lo sbarco solo una fronda di resistenti, destinata a subire l’aggressione dell’esercito.
Si capisce bene come Raspail, classe 1925, non cavalchi l’onda del buonismo. Eppure in Francia non è uno sconosciuto. Pubblicato da importanti editori come Albin Micheal, nel 2000 viene candidato all’Accademia francecse per sostituirvi Jean Guitton e tre anni dopo riceve il prestigioso “Grand Prix du Roman dell’Académie française” (assengnato in precedenza a Milan Kundera, Margarite Youcenar, Julien Green, Romain Rolland). Per Micheal Déon, decano delle lettere d’Oltrealpe, la sua opera è “un omaggio a tutti i popoli morti due volte: spazzati via dal fragore della storia e sepolti nella memoria degli uomini”. In un intervista a Le Figaro, Raspail si dice monarchico e viaggiatore, confessa come alla scrittura sia arrivato tardi, “solo dopo aver solcato il mondo dalle Americhe al Congo, da Macao al Giappone”.
Una fiaccola accesa 615 anni fa, si diceva. Tanti sono trascorsi dal Concilio di Costanza, l’atto conclusivo dello Scisma d’Occidente, che prostrava la Chiesa nello scontro tra papi e antipapi, tra Roma e Avignone. Solo con la deposizione dell’ultimo antipapa, Benedetto XIII, la parentesi di questi tempi bui si chiude. Eppure, tra le mura vaticane, nel 1994, e quindi ben prima degli intrighi immaginati da Dan Brown, c’è chi se ne occupa ancora con apprensione.
A ottenebrare la mente degli europei di L’anello del pescatore, non sarà l’immigrazione, come nel Il Campo dei santi, ma la società dei consumi.Per il ramingo Benedetto “Tutto ciò che vedeva intorno a sé lo respingeva, lo cancellava, gli toglieva ogni sensazione di esistere. Trova solamente capannoni e magazzini, parcheggi coperti di vetture che circondavano immensi negozi da cui non spuntava alcun campanile. Ne fu quasi soddisfatto. Come avrebbe potuto farsi sentire il richiamo di una campana in mezzo a questo rumore che non cessava mai? Almeno …si risparmia alla voce di Dio di perdersi nell’indifferenza…”
Eppure il vescovo che si mette preoccupato sulle sue tracce ne riconosce la forza spirituale. “Benedetto assomiglia a una fine che sia stata anticipata. Tutto ciò ha profondamente commosso il Santo Padre. Ai suoi intimi ha detto che verrà un giorno in cui l’insegnamento della Chiesa sarà unanimemente rigettato perché divenuto inapplicabile agli occhi della morale ammessa e della religione del progresso. … un concilio lo imporrà alla luce di una nuova lettura del Vangelo, e che al papa non resterà che abbandonare Roma e scomparire, come Benedetto.” Quale legame unisce il Papa al pellegrino di Provenza, uomini che sembrava “non avessero altra funzione sulla terra che quella di durare. Durare e trasmettere, durare per trasmettere.”
E chi è Benedetto, custode dell’Anello del pescatore?

Lankelot 21/03/2010

Siamo nel 1993. Un viandante si trova a Rodez, zaino in spalle e porta con sé la desolazione negli occhi; attende che la funzione religiosa del Natale si concluda per nascondersi dietro un pilastro. Poco prima era stato quasi assalito da un altro disperato alle porte della cattedrale, facendo appena in tempo ad accorgersi che qualcuno, quasi un’ombra, lo stava spiando e non certamente per caso.
Un salto nel tempo proietta la storia nel 1378: ”una cloaca putrida e immonda, una caverna di briganti, ecco ciò che Roma era diventata. Numerose chiese rovinavano al suolo e mandrie di buoi scheletrici brucavano anche ai piedi degli altari. Antica residenza dei papi, il Laterano era diventato inabitabile, raschiato fino all’osso, smantellato“ (pag.16).
L’immagine di Roma è annientata da lotte cruenti e barbariche. Il rispetto per il suolo cristiano si riaccende solo la domenica, giorno del Signore, per poi ricominciare con assassini, saccheggi e stupri per tutta la settimana.
In quei giorni si attende l’elezione del nuovo successore di Pietro e vescovo di Roma. Eppure dopo 190 papi, da Clemente VI in poi la sede effettiva del papato era ad Avignone. È il momento di Gregorio XI che torna a Roma tra le suppliche delle Sante della Chiesa, Brigida e, soprattutto, Caterina da Siena che si pone a capo della fila; la sua fine è segnata e la sua morte apre una voragine che non si chiuderà più.
“Romano lo volemo o almeno italiano!vogliamo un papa romano, vogliamo un papa italiano!datecelo, Monsignori degli ultramonti, altrimenti scorrerà il sangue” (pag.19), sono le urla che si levano dal popolo inferocito e che si avvicina alle mura.
Cardinali e preposti guardano alla folla con timore ben consapevoli del massacro che ne sarebbe seguito se non avessero dato una pronta e sicura risposta.
Un nome inizia a circolare in conclave, quello di Bartolomeo Prignano, arcivescovo di Bari che assume, dopo l’elezione, il nome di Urbano VI. Contrariamente alle previsioni, il primo atto ufficiale del nuovo papa italiano è quello di allontanare tutti coloro che avevano assistito alla sua elezione, tutti coloro che avrebbero potuto un giorno rivendicare un qualche vizio di forma. E così semina il terrore tra i pelati costretti a fuggire ad Anagni.
L’ultimo a lasciare è Pedro de Luna, forte e coraggioso, rigoroso e lindo negli intenti che griderà fino alla morte di essere lui il legittimo successore di Pietro, designato da Gregorio XI.
La Francia, tuttavia, sceglie come primo pontefice Clemente VII che inizia a governare in parallelo al Vaticano. Così la storia apre la strada all’esistenza di due papi o meglio un papa ed un anti-papa.

“L’uomo era restato, solo. La stagione fredda avanzava. Le foglie degli alberi, cadevano già quando l’acqua cominciò a battere silenziosamente le pietre del basamento della cappella. L’acqua affogava il ricordo. Essa inghiottiva la sua stessa vita, perché era là che i suoi compagni lo avevano designato. Lo avevano nominato uno dopo l’altro, al loro turno così come era sempre stato da Fondi, da Avignone, da Peñiscola, in Aragona e in seguito al riparo di questa cappella dove la grazia di Dio era emigrata, fuori dal secolo e fuori dal tempo, lontano dagli uomini che credevano di dominare il tempo mentre esso scorre vanamente tra le mani impotenti” (pag.80).

Jean Raspail, scrittore francese la cui produzione in lingua italiana è come una goccia nel mare, torna sulla scena nostrana con un libro ben strutturato e avvincente che si sforza di mettere luce su uno dei misteri secolari della Chiesa. Tutto si riconduce allo Scisma d’Occidente dove contemporaneamente vennero eletti due pontefici, uno su suolo romano e l’altro Avignonese da cui discenderanno, secondo le sue ricostruzioni, altri trentadue nomi sepolti nella nebbia.
In un gioco di luce e ombre, si muove tra passato e presente, in un flashback alternato, sapientemente miscelato, per restituire una vicenda sconosciuta ai più; parte dagli eventi tumultuosi dell’elezione di Urbano VI restituendo la storia di Pedro de Luna, colui che era stato designato ufficialmente dall’ultimo papa ante scisma come suo successore. Dalla sua vicenda scopre letteralmente le tombe degli invisibili per raccontare una storia parallela che, ovviamente, potrebbe non significare nulla se non si pensasse per un attimo a cosa sarebbe stato se ci fosse stato sul seggio di Pietro un discendente Avignonese, a cominciare dallo stesso Pedro de Luna.
Ecco che sull’intricata vicenda si allunga la mano degli agenti segreti del Vaticano ed il nome di “Benedictus” torna a riecheggiare inascoltato tra le tombe ufficiali dei papi romani.
Con una scrittura ampia e rigogliosa, Raspail porta il lettore a voler ripercorre nuovamente le righe introduttive e a cercare negli occhi dell’uomo di Rodez del 1993, il vivo riflesso dell’Anello del Pescatore.

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

Jean Raspail (5 luglio 1925, Chemillé-sur-Dême), esploratore e scrittore francese.
Tra i suoi scritti, in Italia è stato pubblicato “Il campo dei santi” (1973). “L’anello del pescatore” vinse il Premio Prince Pierre de Monaco (1996) e il Premio Maisons de la presse (1996).

Jean Raspail, “L’Anello del Pescatore”, CasadeilLibri, 2009. Traduzione di Francesco Maria Fonte Basso.

Titolo originale: “L’anneau du pecheur”,1995.